Nessuno ci ha detto niente
di redazione
“State tranquilli, non succederà niente”. Tutti ci ripetevano di stare tranquilli. Quelli che sentivamo non erano segnali di pericolo, non c’era niente da temere. Bisognava stare calmi e non avere paura. Bisognava dormire, stare tranquilli. Mica è facile, stare tranquilli, quando torni a casa e senti il pavimento che scricchiola. Mica è facile sentire il soffitto che crepita come la spina dorsale di un animale abbattuto. Non è facile per niente dormire tranquilli quando la tua casa sembra una bestia lamentosa che si agita e si tormenta. Quella notte, proprio quella susseguita al giorno in cui ci dicevano tutti di stare tranquilli, io tranquilla non ci potevo stare. I muri, il pavimento, il soffitto, i mobili, i lampadari della mia casa sembravano essersi imbarcati per un viaggio in mare aperto. Barcollavano ubriachi, come naufraghi sulle scialuppe di legno. E poi, io sentivo un odore che mi faceva orrore. Provavo a dormire, ma sentivo la pelle d’oca e un impalpabile ronzio elettrico avvolgere le cose. Non lo so ancora adesso come e non so perché. Mi avvisò l’armadio di fronte al letto. Mi alzai, mi misi le scarpe, presi qualcosa, dei vestiti e li buttai in valigia, presi le chiavi della macchina e lasciai quelle di casa. Non so perché, forse per una premonizione, mi lasciai il portone della mia casa aperto alle spalle e me ne andai. Misi in moto e andai via. Appena superato il confine tra l’Abruzzo e il Lazio accesi la radio. Cercai una frequenza, non si sentiva niente. La sveglia segnava le 4 del mattino. Iniziai ad incontrare persone per strada, con i cappotti sopra i pigiami. Iniziai a capire. Rallentai, iniziai a guidare piano. Arrivai a casa di mia nonna nel sud del Lazio. La casa era illuminata. Erano tutti svegli. Mi cercavano. Loro sapevano già cosa era successo alla mia casa. Mia nonna si mise a piangere. Non credeva fossi lì davvero davanti a lei. Piansi anch’io. Piansi come un naufrago che capisce che è salvo, piansi di riconoscenza verso l’armadio, piansi per tutti quelli che erano rimasti tranquilli nel proprio letto, nella propria casa. Sono trascorsi sette anni da quella notte, la notte del terremoto a L’Aquila.
Foto di Antonio Nardelli scattate a L’Aquila il 7 aprile 2009