Senza sogni e libertà, l’inno della casa circondariale di Cassino
di Paola Caramadre
“Ho scritto una canzone. Parla di tutti. Parla della mia storia, di quella di mio padre, è la storia di tutti noi che vediamo i nostri familiari una volta a settimana”.
La voce si interrompe per un attimo in questa stanza assolata con le sbarre alle finestre. In questa piccola stanza pulita dove sediamo uno di fronte all’altro.
“Non è la prima volta che sono in carcere”. La storia di T. è una storia vera. La sua. Una storia autentica, come il suo sguardo che ti colpisce perché non si abbassa mai.
Legge i tuoi occhi, legge nel tuo volto quello che tu vedi, legge quello che la sua storia può dirti. E’ ospite della casa circondariale di Cassino.
E per T., questa struttura, si è rivelata davvero un ‘ponte’ con l’esterno come ha sempre auspicato la direttrice, Irma Civitareale.
“Ho sempre avuto la passione per la scrittura”, racconta questo ragazzo con la faccia adulta.
E’ un duro, si vede, ma è capace di sorprendere.
“Ho sempre cercato di raccontare le mie esperienze e mi è sempre piaciuto cantare. Certo, da non professionista. Ho fatto anche qualche comparsa in tv, ma niente di più definito. L’opportunità è arrivata qui dentro. In questo carcere dove hanno girato un documentario e ho composto una canzone. Si intitola “Senza sogni e libertà”. Ne hanno fatto un video che interpreto. E’ stato girato qui dentro ed è una specie di inno di questa casa circondariale”.
E’ orgoglioso di questa parentesi della sua vita, ma non si fa illusioni. I sogni non allargano le ali qui dentro.
“Affido i miei pensieri ad un foglio di carta, poi, immagino una melodia di sottofondo che canto. I miei punti di riferimento sono Baglioni e Battisti, ma soprattutto i neo melodici napoletani a cui mi ispiro come Patrizio e Finizio con le loro canzoni molto romantiche”.
La sua canzone dal tema carcerario racconta della voglia di riscatto, della speranza di cambiare perché T. ci spiega che: “Chi esce dal carcere non ci vuole tornare. Per me non è la prima volta che finisco dentro. Nel mio mondo non ci sono pregiudizi, diciamo che non frequento ambienti altolocati. Tutti sanno che si può sbagliare, ma reinserirsi è difficile. Sono stato detenuto una prima volta, poi dopo due anni e mezzo sono tornato dentro. Ho provato a fare una vita normale, ma accetti tutto, anche i lavori più umili, fino a quando non si calpesta la dignità. L’ultima volta che sono stato arrestato, stavo cercando di finanziare in maniera non del tutto lecita il mio sogno di diventare cantante. Ci vogliono soldi per la sala di incisione, per la promozione, per gli arrangiamenti. Ci vogliono soldi. L’occasione è arrivata qui dentro – e sorride, quasi incredulo – ho avuto l’opportunità di realizzare un videoclip bello, professionale, ma so che non è un punto di arrivo”.
L’esperienza nella casa circondariale San Domenico è stata diversa: “Mi sono sentito motivato, ho avuto tante occasioni che fuori non ho mai avuto. Sto studiando per conseguire il diploma dell’istituto alberghiero. Qui lavoro, mi sono riavvicinato alla fede e sto frequentando il corso di catechesi per la fare la cresima. Sono fiero del mio percorso”.
Perché hai intitolato la tua canzone “Senza sogni e libertà”?
“Se non sei libero non puoi avere sogni. Mio padre è detenuto, io sono qui. Non ho una famiglia mia. Eppure ho avuto la forza di pensare alla vita fuori di qui. E adesso, quando uscirò? Ho molti interrogativi, ma voglio riacquistare la capacità di sognare e costruire la mia vita fuori dal carcere”.