Ho lasciato il mio paese per poter sopravvivere: storia di un rifugiato politico
Questa è la storia di un ragazzo della Nigeria. Era nella casa famiglia dove mi ero proposta di svolgere un corso di lingua italiana per stranieri. La mia proposta di impartire lezioni di lingua italiana, era stata accolta con gioia da molti ragazzi, ma in particolare da un ragazzo con una carnagione ancora più scura rispetto agli altri, con degli occhi molto dolci ed un sorriso che lasciava intravedere dei denti bianchissimi. Io lo avevo subito notato, perché sorrideva sempre, ma negli occhi intravedevo una tristezza: è come se continuamente il vento soffiasse negli occhi di quel ragazzo.
Chiesi ai ragazzi di raccontarsi: era un modo per conoscerli e scoprire il loro livello di italiano. Tornai a casa con le loro storie, ognuno mi aveva raccontato episodi toccanti della loro vita, molti di loro scappavano dalla guerra, molti di loro avevano fatto un viaggio duro e difficile sui barconi, altri nascondendosi. E poi, c’era lui, Lukas. Era nato in Nigeria, ma si era trasferito poco più a Nord, perché suo padre lavorava lì. Mi raccontava dei suoi due fratelli e delle sue due sorelle, ed infine il motivo per cui era venuto in Italia. Quel giorno lui era a scuola; la scuola che frequentava era in un altro paese, distante dalla Nigeria. Quando tornò a casa trovò la porta aperta e tutta la sua famiglia stesa a terra: il papà, la mamma, le due sorelle, i due fratelli. Tutti erano a terra in una pozzanghera di sangue. Erano stati uccisi dalla guerra. In Nigeria c’era una guerra civile. Si accovacciò ed iniziò a gridare, a piangere, e chiamò uno ad uno i suoi familiari, ma nessuno rispondeva.
In seguito Lukas ha parlato di un pastore tanto buono che lo ha salvato. Ha scritto che gli ha dato dei soldi per farlo scappare, ed è così che è riuscito a prendere un aeroplano ed arrivare in Italia. Le ultime righe del suo racconto sono:
“Io ora sono solo. Non ho nessuno. La mia famiglia è morta. Io sono musulmano, mi piace mangiare tanto, mi piace la scuola, mi piace giocare a calcio, adesso la mia vita è il calcio”.
Quando sono tornata in casa famiglia ho parlato con Lukas, gli ho chiesto se un giorno pensa di tornare in Nigeria, quando nel paese tornerà la pace, e magari rivedere qualche parente, amico, e lui mi ha risposto:
“Io non ho più nessuno, tutta la mia famiglia è morta, cosa torno a fare nel mio paese”.
Gli ho chiesto se ha avuto paura:
“Tanta paura. Ho iniziato a correre veloce, non sapevo cosa fare, dove andare, ma correvo”. Poi ho incontrato un pastore, un uomo anziano, e lui mi ha salvato!!”
Quel pastore, probabilmente, sapeva di aver vissuto tutta la sua vita, ma quel ragazzo aveva ancora una vita davanti, degna di essere vissuta. Il gesto del pastore resterà un ricordo profondo per Lukas, ma anche per me che sono stata testimone di quelle parole.
Tratto da una storia vera