La riserva dello Zingaro, terza tappa in Sicilia
di Paola Caramadre e Antonio Nardelli
Non ci piacciono le comodità, ci piace l’autencità e siamo pazzi per le storie a lieto fine. Nella “Riserva naturale orientata dello Zingaro” abbiamo trovato una straordinaria storia a lieto fine, un sentiero non proprio facile e un mirabile equilibrio tra natura incontaminata e antropizzazione.
La nostra terza tappa siciliana ci ha portato in provincia di Trapani nella riserva dello Zingaro. Un luogo che racconta, tramanda, custodisce. Un luogo intessuto di tradizioni, millenni, leggende.
Lo Zingaro è un lembo di terra montana e rurale a picco sul mare. Uno spiraglio di bellezza preservato dall’urbanizzazione e dalla cementificazione.
L’ingresso da Scopello ci conduce in una sorta di monumento alla caparbietà di un gruppo di persone accomunato da un intento comune: salvare Lo Zingaro.
Si accede attraversando un tunnel scavato nella montagna per realizzare una strada che avrebbe dovuto collegare Scopello a San Vito Lo Capo. Solo sette chilometri di una strada a picco sul mare che non è mai stata realizzata. Perché? Perché un movimento di opinione si è battuto per preservare questo angolo di Sicilia.
Alla fine degli anni ’70 del secolo scorso in molti si sono uniti con l’obiettivo di bloccare i lavori. Il 18 maggio 1980 la “marcia dei tremila” ottiene l’insperabile, lo stop definitivo alla costruzione della strada panoramica e l’inizio di un’avventura nel mondo della biodiversità e dell’ecosostenibilità.
Una storia a lieto fine che sembra l’inizio di un’altra storia della quale tutti i visitatori della Riserva Naturale Orientata dello Zingaro, la prima istituita dalla Regione Sicilia, si sentono partecipi.
Ci avventuriamo lungo il sentiero anche se non siamo attrezzatissimi, ma abbiamo acqua e cibo e il panorama è un invito che non si può declinare.
La prima tappa è sorprendente: percorriamo queste strade il 30 giugno e per combinazione scopriamo una targa che commemora l’omicidio di un giovane finanziere casertano, Vincenzo Mazzarella, avvenuto il 30 giugno 1948, delitto attribuito ad uno sconosciuto componente della banda di Salvatore Giuliano. Un mazzo di fiori freschi ci ha fatto immaginare una commemorazione.
Proseguiamo alla ricerca della prima caletta che troviamo sul sentiero e scendiamo fino alla Cala della Capreria. Il mare è limpido, l’acqua trasparente e popolata di colonie multicolore di pesci per niente spaventati dai bagnanti.
La piccola insenatura è accogliente e luminosa. Risaliamo per raggiungere il Museo Naturalistico e scoprire cosa ci aspetta, quali saranno gli animali che potremmo incontrare e le varietà di piante che vedremo lungo il sentiero.
Ci riposiamo su un salottino meraviglioso, piccoli tronchi di legno tagliati e usati come sedili all’ombra di un frondoso albero.
Avvistiamo una capra sugli scogli, un biacco e una lucertola che decide di fermarsi accanto a noi. Chiacchieriamo con il signor Mimmo che lavora nella Riserva e ci racconta della vita dell’area protetta, della distesa di fiori che sboccia in primavera, tra cui circa quaranta specie diverse di orchidee, delle attività che si svolgono durante l’anno come ad esempio la mietitura, secondo metodi tradizionali, che si svolge a Borgo Cusenza.
Dalle sue parole scopriamo un mondo che tutti, in questo angolo di Sicilia, si sforzano di conservare. Un eco-sistema naturalistico e ambientale nel quale si innestano tradizioni, sapori, saperi antichi. La forza del tempo qui è spezzata. Il tempo non erode, non consuma, è cristallizzato nel tempo della storia, erode le coste il mare, erode le montagne il vento, ma niente scalfisce il luogo metafisico dello Zingaro.
Procediamo il cammino sotto un sole cocente che sfinisce, scopriamo la palma nana, regina vegetale del paesaggio, utilizzata da tempi antichissimi per farne una fibra resistente con la quale si tessevano le reti per le tonnare. Andiamo avanti fino alla casa della manna.
Ogni passo sembra una scoperta. Impariamo ascoltando il vento, i versi dei rapaci in lontananza, lo stridio delle rondini vicine. Impariamo a modulare diversamente i passi sulle salite meno facili. Impariamo che c’è stata e c’è ancora una cultura che ha saputo adattarsi all’ambiente circostante senza stravolgerlo. Tutto intorno a noi racconta della cura per la conservazione dei luoghi e per l’accoglienza dei visitatori. Raggiungiamo il cuore della Riserva, Lo Zingaro. Scendiamo alla Cala della Disa e ci rilassiamo con un bagno in questo mare limpidissimo. Non abbiamo abbastanza tempo per proseguire oltre. Dobbiamo tornare indietro.
Riattraversiamo il tunnel della strada che non c’è mai stata, e, forse perché siamo suggestionati dalla bellezza del luogo, ci sembra un monumento alla forza dei sogni.