Tutte le strade portano… da qualche parte

Tempo di lettura: 2 Minuti

di Laura De Santis

Ci sono dei periodi in cui non ci va di vedere gente. Proprio no.

E sono i periodi in cui tutti, anche gli amici dell’asilo, si ricordano di te e ti propongono di uscire di casa. Il telefono squilla in continuazione: “Che fai sabato sera?”, “Ti va di andare al cinema giovedì”, “Hanno aperto un ristorante tailandese, lo proviamo?”, “Mercoledì c’è la partita, andiamo a vederla insieme?”.

Passatempi, distrazioni, proposte per invitarti ad uscire. Perché? Perché dichiarare apertamente di non avere voglia di uscire di solito rappresenta una velata richiesta di aiuto. Non vuoi uscire perché stai male.

A nessuno viene in mente che la solitudine è un’ottima e salutare compagna di vita. A nessuno. Perciò tutti vogliono che esci, che ti distrai, che non pensi. A cosa non dovrei pensare? Sto così bene a casa mia, da sola, a prepararmi cenette sopraffine, a stappare aromatiche bottiglie di vino, a guardare a ripetizione film che mi vergognerei di ammettere di adorare anche a mia madre. Che male c’è a starsene un po’ in disparte? Mi piace stare da sola, cioè, mi piace stare in compagnia di me stessa. Ci sto bene, mi conosco abbastanza bene da non darmi problemi e poi nessuno mi capisce meglio di me stessa. La solitudine non è per forza una cosa negativa. Gli altri, però, non lo capiscono e fanno a gara per farmi uscire dalla tana.

E’ per questo motivo che mi lascio coinvolgere nelle imprese più impensate e più complesse. Il ristorante nuovo lo lascio provare ad altri, il film lo vedrò in un altro momento, ma le imprese impossibili sono proprio fatte apposta per me!

Così quando Cristina mi invitò ad accompagnarla in uno sperduto paese dell’entroterra nella provincia di Matera non ci trovai niente di strano ad accettare. Io, lei, il suo cane di autentica razza meticcia, e la sua station wagon un po’ datata. La spedizione sembrava molto facile. Dovevamo soltanto attraversare qualche regione, avventurarci su strade sconosciute  e raggiungere un paesino di quasi mille abitanti in Basilicata. Il tutto in 48 ore. Niente di più semplice!

Tutto andò per il meglio nei primi 825 chilometri, poi iniziarono le complicazioni. Nell’entroterra di alcune zone del sud, ma forse anche del nord non saprei, il segnale gps scompare risucchiato da forze oscure, quindi bisognerebbe affidarsi alle indicazioni stradali e a un pizzico di buon senso. Elemento del quale siamo nate sprovviste sia io sia Cristina e scommetto anche il meticcio puro.

Cosa può accadere a due sventurate smarrite nella campagna? Passammo in rassegna tutti i possibili inconvenienti, tipo lo scoppio dello pneumatico, la fine del carburante, la perdita della marmitta. Tutte cose che in effetti sarebbero potute accadere vista l’anzianità di servizio dell’automobile. Invece, non ci accadde nulla del genere. Ci accadde solo di girare a vuoto, su strade bellissime distese in paesaggi mozzafiato. Assistemmo ad un tramonto straordinario, illuminato da ogni sfumatura dell’iride, ci fermammo a guardare uno stupendo cielo stellato e scoprimmo anche i benefici dell’aria fresca dell’alba. Al paesino non ci arrivammo mai, e scoprimmo che non tutte le strade portano a Roma e nemmeno a destinazione, tutte le strade portano da qualche parte. A volte, anche a casa.

Rispondi