Serafino
di Antonio Risi
Serafino nacque grazie alla fede, alla speranza e alla caparbietà di Massimo e Loredana. Avevano deciso di tenerlo dandogli tutto il loro amore, nonostante i medici avessero consigliato di abortire.
“Il bimbo non vivrà a lungo, e potrebbe avere seri problemi di salute. Le analisi rivelano strani mutamenti atomici nelle cellule”.
“Mio Dio! Perché?”
“Viaggiate regolarmente col teletrasporto?”
“Certo: è comodo, e lo usano tutti, ormai”.
“È accertato che chi viaggia col teletrasporto non corre alcun pericolo, tuttavia i figli potrebbero presentare malformazioni di cui non sappiamo ancora molto”.
Per la sua anomalia, Serafino ebbe presto difficoltà ad afferrare gli oggetti; di conseguenza non fu nemmeno in grado di assumere cibo e bevande. Eppure non risentiva per nulla della denutrizione. Il suo corpo, come fosse di un altro mondo, non obbediva alle leggi della fisica e attraversava facilmente la materia.
“È l’effetto dei mutamenti atomici”, spiegavano i medici durante i frequenti controlli. “Pare che le cellule del bambino si comportino come i raggi X”.
“Anche i vestiti gli scivolano via”.
“È naturale: i vestiti sono fatti di materia!”
Ci si dovette rassegnare a vederlo girare senza nulla addosso. Anche d’inverno gli piaceva stare all’aperto.
“Vieni dentro che ti geli!” implorava, apprensiva, Loredana.
“Ma io non sento freddo!” ribatteva Serafino.
In effetti, non fu mai colpito da tosse, raffreddore o influenza, e non si ammalò mai, in barba alle sfavorevoli previsioni mediche.
Nel vederlo in costume adamitico, mamma e papà arrossivano. Per fortuna divenne sempre più trasparente, finché fu del tutto invisibile.
“Serafino, dove sei?” chiamava Massimo, preoccupato.
“Sono qui, papà, vicino a te, ma non mi vedo più!”
“Te lo abbiamo sempre detto che sei molto speciale!”
Con Serafino che poteva farsi vivo solo parlando, in famiglia non mancò il dialogo. Grazie a questa bella abitudine, il bambino acquisì una singolare capacità di ascoltare. Chi aveva la ventura di trovarsi in sua compagnia gli apriva l’anima senza l’imbarazzo di guardarlo negli occhi, ed egli trasmetteva a tutti una ventata d’allegria che rinfrancava lo spirito. Spesso bastava la sua argentina risata contagiosa a rasserenare la mente.
“Serafino, dammi un consiglio!”
“Serafino, non so che fare!”
“Serafino, mi sento depresso!”
“Serafino… !”
“Ah! Ah! Ah! Ah! Ah!”
La sua voce infantile gli rimase per sempre, ma col passare degli anni si affievolì, fino a confondersi col canto degli uccelli nel folto dei boschi, col mormorio del mare, con i fruscii del vento a primavera e infine con l’impercettibile musica del silenzio. I meno sensibili non riuscirono più a udirlo.
“Serafino, non ti sento più!”
“Serafino… ?”
“Adesso è morto davvero!”
Ma non tutti sono d’accordo su questo punto: quelli che sono d’indole contemplativa e inclini alla meditazione lo sentono vicino, specie nei momenti bui; si confidano con lui e il loro cuore ne rimane consolato.
“Serafino?”
“…”
“Tanto lo so che ci sei!”
“Ah! Ah! Ah! Ah! Ah!”