Sant’Angelo in Theodice si risveglia Betlemme
di Antonio Nardelli e Paola Caramadre
Il Natale ha una magia particolare, soprattutto, nelle piccole comunità. In quei luoghi dove si vive ancora seguendo ritmi antichi.
A Sant’Angelo in Theodice, oggi frazione di Cassino, si respira un clima speciale. Quel senso di appartenenza, quella capacità di collaborare, di parlare, di discutere, di stare insieme, sono elementi che si percepiscono anche nelle piccole cose. Da cinque anni, in prossimità del Natale, il borgo di Sant’Angelo riscopre origini remote.
In tanti lavorano incessantemente per mesi al fianco del parroco, don Nello Crescenzi, per realizzare quello che è diventato l’evento invernale per eccellenza della comunità santangelese: il presepe vivente. Ogni anno si aggiungono nuovi elementi, ogni anno la scenografia si arricchisce di nuovi particolari e ogni anno sempre più residenti si appassionano alla natività. Il borgo diventa un percorso delimitato con palme per ricreare un’atmosfera mediorientale.
All’improvviso, siamo a Betlemme, esattamente 2016 anni fa per rivivere la notte santa. La piazza pullula di vita, i pastori curano le pecore, un asinello fa capolino da un recinto, le donne preparano una calda zuppa di legumi sul fuoco, le ricamatrici mostrano le proprie stoffe, altre donne cardano la lana, in una bottega si possono provare antichi strumenti musicali. Più avanti c’è il fabbro, poi il falegname, ci si inoltra nei vicoli e si arriva dall’addetto alle caldarroste. Voci festanti si rincorrono seguendo il ritmo cadenzato del passo dei soldati romani.
I vicoli del borgo si animano. Si compie una magia, Sant’Angelo in Theodice è Betlemme, camminiamo al fianco dei pastori, seguiamo anche noi visitatori la stella cometa e arriviamo davanti alla scena della Natività. “Il presepe vivente – ha spiegato don Nello – è un modo per rendere la liturgia viva, per avvicinare al messaggio di pace che la nascita di Gesù ci sussurra ogni volta. E’ un messaggio di speranza e di amore che oggi è rivolto a tutti i bambini rifiutati, a tutti i bambini non accolti”. Ed è il modo per riaccendere il senso della comunità.