Il responso
Siamo nati nell’attesa.
Abbiamo atteso che fossero maturi i tempi prima di venire al mondo. Poi è stata tutta un’attesa, le cose che ricordiamo e ciò che abbiamo dimenticato, di tutto e di più. Abbiamo atteso l’amore della nostra vita, un’ecografia, un figlio, con il cuore che batteva in attesa che tornasse alla normalità. E poi un treno, un tram, una macchina nuova, un’escursione in montagna. Abbiamo atteso che fossero mature le ciliegie o che la rugiada avvolgesse la campagna, che arrivasse un nuovo Natale o un’altra bella giornata di mare. Ci siamo abituati all’attesa, per dare un senso alla nostra vita e a quella degli altri. Ci hanno detto che attendere è sempre una questione di rispetto e così abbiamo fatto la fila nell’attesa del nostro turno, dei nostri esami, fossero quelli della scuola o che riguardassero la salute. E di nuovo, l’attesa dei 18 anni, della patente, di un amico, di un fratello, del pulmino o della corriera. L’attesa di un barcone e della speranza che potesse attraccare senza rovesciarsi in un mare di nulla. L’attesa di una pizza, della pioggia che ci regalasse una serata romantica o che smettesse per farci giocare a pallone.
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Un treno parte, uno ritorna; ci sono attese che si fanno preferire ma tutto è attesa. L’attesa è penosa, noiosa, fastidiosa. L’attesa è quasi sempre lunga, o almeno così ci appare. Eppure è un tempo vissuto, non è un tempo sottratto alla vita come spesso crediamo. Fa parte di quanto ci è stato donato e allora ecco che anche l’attesa diventa preziosa, ha sempre qualcosa da proporci. È il preludio della raccolta di ciò che abbiamo seminato. L’attesa è un tempo sospeso, è una freccia scagliata verso l’orizzonte, è il giorno che cede il passo alla notte. C’è l’attesa di un tampone e che tutto sia finito: 1300 studenti e i loro insegnanti sospesi nel limbo, giusto per alcuni, follia per altri. Ma chi spera guarda avanti, non giudica poiché non sa e chi non sa non può. Resta in attesa e si aggrappa all’unica certezza, perché non c’è attesa che ne sia sprovvista.
Il responso.
Foto di Vesna Harni da Pixabay