Racconti un po’ folli Niente da aggiungere
Niente da aggiungere a quanto già detto. Lo so, lo so che vorresti un fiume di parole, ma non riesco più ad ascoltarmi senza esplodere in mille e più silenzi. E le mie mani non sanno più accarezzare né trattenere il brivido del contatto, mentre la notte mi allontana dall’orizzonte e le creature che vivono in me ruggiscono furiose per il loro nutrimento.
Sei lì in piedi così di fronte eppure non ho idea di dove sia questo essere insieme se poi lo sai, siamo e non siamo noi di continuo in ogni istante in un balbettio di frasi senza senso e blaterare alla luna da ogni dove possiamo ricominciare. Lasciami alzare la testa una volta ancora senza arroganza arrendevolezza. E invece no, non ci sono parole in questo terreno fragile nelle intenzioni e cedevole nel passo. Non mi ascolti come non hai mai fatto, non mi senti perché non ascolti. Cosa avresti di così importante e impellente da dirmi se non sai quello che dici, se ogni frase nasce e muore nello stesso istante in cui l’hai pronunciata sull’onda di una emozione come una scintilla sbiadita nell’aria. Meglio uno sguardo, semplicemente in silenzio con dignità, perché in quegli occhi so esserci qualcosa di vero oltre a tutte le bugie raccontate a se stessi, oltre a tutto il dolore mai esplorato e lasciato lì a bruciare consumando ciò che di buono forse non potrà mai germogliare.
Se non ascolti, se non senti non mi puoi percepire. Hai voluto ridurmi ai minimi termini per liquidarmi più facilmente e chissà quanto hai fatto bene se siamo solo ombre proiettate sulla parete di una caverna.
Quando tutto stremato rimane il silenzio, trovo un ordine in cui sistemare le cose. Le frasi, gli sguardi, i comportamenti. Li metto in fila su di una riga immaginaria e poi li spingo a terra uno alla volta osservando come si trasformano in polvere svanendo nell’aria umida di sera, scivolosa sui vestiti e difficile da trattenere.
Non ti manca discutere per ore smarrendosi e ritrovandosi di continuo nello stesso punto lì negli occhi, qui nel cuore, laggiù in fondo nello stomaco dove le sensazioni sono terremoto, dove i brividi sulla schiena il vento dei nostri più profondi pensieri e fantasie. Dove il desiderio incontra le labbra risolvendo ogni perduto istante in un frammento dei nostri animi. E sospirare i nostri respiri balbettando di imbarazzo in qualche sentimento che siamo disposti a promettere, a fare nostro impegno, quel desiderio di dare sempre il meglio. O forse solo promesse mormorate nella notte e dimenticate come sogni vacui che non lasciano segno né sentore, ma solo debole sensazione di essere stati da qualche parte.
Niente da aggiungere, di nuovo, ancora, le stesse parole, discorsi fatti, rimangiati, vomitati e perduti tra ricordi e fantasie di cose mai successe e sempre capitate.
Foto di 👀 Mabel Amber, who will one day da Pixabay