Quel luogo comune
Un caro amico, in tempi non sospetti, mi fece riflettere sulla banale retorica propria degli italiani, quelli medi come i tanti personaggi incarnati dai grandissimi Sordi e Villaggio, che si basa su quel mantra, trito e ritrito, che in buona sostanza recita o meglio s’impone come verità assoluta e non controvertibile pena una, seppur laica, scomunica, quanto segue: “Ogni uomo o donna che sia DEVE (pena sempre la scomunica) avere e provare ma soprattutto ostentare “un amore incondizionato per i figli o per la famigghia (non è un refuso) nel senso più ampio possibile, in uno dei tanti dei, profeti o santoni che dir si voglia.
Questa riflessione mi trovò profondamente d’accordo. Le stereotipate affermazioni tipo: sei l’amore della mia vita, sei la figlia o il figlio migliore del mondo o a parti inverse sei il migliore dei genitori esistenti etc… hanno lo stesso senso “profondo” di una canzone di Jovanotti, di un selfie della Ferragni (chiunque essa sia) tutto ciò, ovvero questi “sentimenti” degni (solo per chi ha passato i 45) di “grand hotel” e delle varie pubblicazioni denominate fotoromanzi con Ciavarro e la bionda di turno, cercai di rapportarli con l’esplosiva, quanto silente, forza di quella donna 80enne, senza un’istruzione tangibile, senza gli “strumenti” che l’odierna società ritiene indispensabili per definirsi acculturati e tutto ciò stimolò in me curiosità e interrogativi.
Cos’era e da dove sgorgava tutta quella forza? me lo dimostrò con l’unico verbo davvero incontrovertibile… l’esempio.
Vita non semplice, la sua, eppure il sorriso, lo stesso, che spesso nei vecchi appassisce un po’ per il conto che ti presenta la vita, un po’ forse per apatia o stanchezza nel suo caso non mancò mai di essere il suo personale biglietto in questo viaggio che definiamo vita… anche se condizionato dalla vicinanza alla “vecchia” mi resi conto che davvero certe persone sono una specie di dono divino, che detto da un ateo impenitente come me può risultare ridicolo…. ma tant’e’.
La vecchia signora ebbe, nella sua lunga e travagliata vita, a che fare con l’impossibilità allo studio, dato che doveva badare una madre malconcia, ma amorevole, ad una sorella che divenne la sua prima figlia honoris causa, tutto senza alcuna sebbene minima recriminazione (roba che oggi sembra un film scritto e diretto da Kubrick).
Giovane, ma matura, trovò l’amore della sua vita che si dimostrò molto ma molto più debole di lei. Lei novella crocerossina in salsa freudiana, si fece carico di quell’uomo non facile ma che sicuramente, con tutti i suoi difetti, l’amava di un amore vero.
Non è stata, come abbiamo già detto, una vita facile, anzi: il dolore, la morte, l’impotenza fecero capolino nelle loro vite come un improvviso uragano.
La dipartita quella feroce e inspiegabile, quella che ti accusa, come lo zio Tom faceva con i retinenti alla leva nel ’68 di vietnamita sapore, non diede loro scampo. Non diede scampo in particolare modo al compagno di vita della vecchia e quelll’errore per quanto piccolo si dimostrò inesorabile e terribile, un errore capace di privarti di ciò che più ti è caro (e qui l’amico di cui sopra, per inciso quello che mi fece capire la banalità e l’insipienza degli stereotipi in questo caso singolo non avrebbe potuto fare altro che tacere) fece della loro vita un eterno supplizio.
Non fu un tragico incidente, una malattia o altro, fu quel singolo orribile momento di distrazione fatale. Nonostante tutto quel fottutto e straordinario sorriso la nostra protagonista non lo ha perso neanche oggi. Si è caricata, come i muli degli Alpini nella prima guerra mondiale, di tutto il dolore suo e del marito vittima principe di questa storia che non possiamo definire a lieto fine ma forse neanche il contrario.
Alla fin dei conti è solo vita, la vita di due persone oneste e benevole, di un grande amore, sofferto, fragile, terra terra come direbbero i prosaici oppure straordinario e profondo come solo i poeti sanno immaginare.
Un figlio l’unico rimasto forse ribelle fuori dai loro schemi, un figlio della loro proletaria quanto estremamente etica educazione, figlio di quei valori non barattabili. Un figlio che avrebbero desiderato più sereno… ma che, in realtà, probabilmente già lo era.
Neanche dinanzi alla più Terrena delle paure la vecchia mostrava paura, risentimento, semplice fastidio. La sua reazione, a volte incomprensibile addirittura irritante era sempre e comunque dedicata al prossimo chiunque esso fosse… la sua paura non era ‘A livella di Totò, quanto la sofferenza che avrebbe recato ai suoi cari, il pensiero che avrebbero sofferto per una colpa che oggettivamente non poteva esserle addebitata ciononostante quello è l’atteggiamento che ha sempre avuto, condito da quel beffardo malinconico sorriso pieno di una vita che ha saputo nonostante tutto donare a chi ha avuto la fortuna di incrociare la sua strada.
L’ho vista fumare, cosa che la infastidiva in maniera indicibile, l’ho vista fare diete al limite del possibile solo per l’amore della sua vita, per la paura di perderlo nonostante tutto. L’ho vista soffrire sempre e solo per gli altri che per lei non erano gli altri ma parte di se stessa.
Che fortuna immensa aver avuto l’onore di averla conosciuta.