Quando l’aria si fa pesante
Come andò che il professor Gnaro, uomo all’apparenza buono e generoso, fu costretto a lasciare la scuola. Non è una bella storia, perché è una storia in cui perdono tutti.
Era tranquillo il professor Gnaro. Tranquillo per modo di dire, perché, comunque fosse andata, la sua vita era distrutta. Ostentava sicurezza, magari puntava all’assoluzione per insufficienza di prove. Nuovi indizi, però, aggravavano la sua posizione. La madre era già svenuta tre volte nel giro di una settimana, da quando la notizia si era abbattuta come un fulmine a ciel sereno nella piccola comunità dove non succede mai niente di eclatante. La voce era di quelle destinate a travalicare i confini del paese e a ritagliarsi un posto di rilievo sulla cronaca nazionale.
«In galera e che si butti la chiave!», tuonavano i più esagitati. «Bastardo!», lo strozzerei con le mie mani, aggiungeva un altro. «Hai capito il professore!», si mostrava perplesso qualcuno. «Mi dispiace, sembrava un brav’uomo!», si levava la voce solitaria di chi, mosso a compassione, si interrogava sul perché, attirandosi lo sguardo truce degli altri astanti. Non vi era distinzione tra donne e uomini, era unanime il sentimento. Il popolo aveva già emesso la sentenza: colpevole.
L’aria era pesante, come le notizie che si susseguivano. Giornali e televisioni non facevano altro che riferire di episodi simili. Maestre d’asilo, insegnanti di scuola media, sembrava fosse esplosa la moda del momento. Possibile che la società fosse così perversa? La vita non era facile per gli insegnanti, ma se le accuse avessero avuto conferma la vita sarebbe stata ancora più difficile per alunni e genitori.
«Io non ci credo», osava minimizzare qualcuno, «secondo me i bambini si inventano tutto per attirare l’attenzione». Magari era vero, oppure era vero solo in parte. Ci poteva stare il dubbio, ma la giustizia avrebbe fatto il suo corso accertando la verità, caso per caso. Era partito tutto da un consulto che avevano avuto le mamme. Una volta gli insegnanti accompagnavano gli alunni anche a fare la pipì, ma oggi è reato. Il professor Gnaro, però, se ne fregava delle nuove disposizioni, lui era vecchia maniera. Oppure malato? Tutto era nelle mani del giudice. E dei testimoni. «Il professore ha accompagnato mio figlio al bagno», disse una mamma. «Cavolo, volevo parlarne con voi. Mia figlia ha detto che il professore voleva che si spogliassero tutti in classe», confermò un’altra mamma preoccupata. Il preside riferì, con grande dispiacere, che qualche giorno prima era entrato nella classe dello Gnaro proprio nel momento in cui il professore stava accarezzando un bambino.
Il professor Gnaro aveva lo sguardo perso nel vuoto. Un mostro, oramai era evidente. Non fu capace di farsi uscire nemmeno una lacrima, lui che era stato sempre preceduto dal sorriso, dalla commozione nei momenti salienti, dalla fama di persona di cuore. «Chi soffre di questa malattia vive così, vive una doppia vita», si ingegnava di spiegare lo psicologo. Era pronta la sospensione in attesa di giudizio, ma non ce ne fu bisogno poiché il professor Gnaro si dimise prima. Intanto iniziò la ricostruzione dei fatti. Una bella condanna per pedofilia sarebbe stata la soluzione giusta, perché la verità prima o poi viene a galla. In effetti il professore aveva una serie di “vizi” che stava pagando caro: portava a fare pipì gli alunni in difficoltà, accarezzava con amore quelli che piangevano perché il papà o la mamma litigavano la sera, e cosa più importante aveva un modo originale di fare lezione. «Spogliatevi, togliete il superfluo, scoprite voi stessi!», aveva detto loro alla ricerca di una spiritualità inusuale in ambito scolastico. Da qui era partito lo scandalo. E tutto il resto.