Passata la festa, gabbato lo Santo
Gianna imboccò l’autostrada e poco dopo sintonizzò la radio sul suo canale preferito. Era l’8 marzo, la Giornata internazionale della donna. Nello studio della radio, un gruppo di esperti discuteva sul ruolo della donna nella società moderna, dei progressi raggiunti e di quanto ancora restava da fare. Come al solito lei era in ritardo, le occorreva una buona mezz’ora a velocità di crociera per raggiungere i colleghi già in riunione. Non ci sarebbero stati problemi, però, il direttore le concedeva sempre, in quanto donna, tale privilegio. Di tale gentile agevolazione i due ne avevano ampiamente discusso in passato: il suo capo, come molti altri del resto, riteneva che una donna non avrebbe mai potuto guidare la macchina come un uomo e per tale motivo necessitava di un tempo maggiore per coprire il tragitto. Gianna, punta nell’orgoglio, aveva cercato di dimostrare che lei guidava egregiamente, molto meglio di tanti maschietti. Proprio lei che da piccola non vedeva l’ora di finire i compiti per scendere giù nell’officina del papà. E così era cresciuta, tra filtri e cambi d’olio, sgommate e testa coda. Si era calmata solo con il passare degli anni conservando, però, il dolce ricordo e la bravura dei tempi andati. Ora, visto che vana era risultata la sua difesa, tanto valeva approfittarne e dedicarsi alle numerose incombenze.
Aveva salutato Rino con la promessa che, a qualunque ora fosse tornata, avrebbero brindato insieme.
“Le donne fanno troppo e di corsa. Ogni tanto, una rinuncia non farebbe male”, disse l’esperto. “Già, parli bene tu”, si infervorò Gianna “e a cosa dovrei rinunciare io?” Lei era segretaria, mamma, moglie, figlia e nuora. Puliva, lavava, stirava, cucinava. Aveva anche cani e gatti da accudire e amiche a cui rendere conto. Le piaceva far i dolci e quando le restava un po’ di tempo leggeva. “Passata la festa, gabbato lo Santo”, finalmente un esperto giudizioso le strappò un sorriso. Il sociologo spiegò il proverbio ricordando agli ascoltatori che la donna non aveva bisogno di quattro moine in quel giorno stabilito e poi, chi si è visto si è visto, tutto sarebbe tornato nell’ingiustizia quotidiana.
Quando Gianna giunse nella sala riunioni trovò la mimosa e, come era nelle previsioni, nessuno rimarcò il suo ritardo. Quel fiore giallo intenso era sempre un bel pensiero, ma lei lo avrebbe tranquillamente barattato con il complimento di essere un’abile guidatrice. Ciò, però, significava tante cose, a cominciare da una puntualità che non si sarebbe potuta permettere. Strinse le spalle e prese gli appunti per il verbale da redigere. Finita la riunione, salutò e ripartì. Dimenticò la mimosa, ma poco importava. Qualche altro chilometro soltanto e poi la torta mimosa da lei stessa preparata, lo spumantino bello fresco e, soprattutto, baci e abbracci di colui che non aspettava l’8 marzo per farla sentire donna…