Parliamo
«Puoi mettere via il cellulare? Solo un attimo. È tutta la serata che non mi guardi in faccia, sono tuo padre».
«Lo so che sei mio padre, e io sono tua figlia…».
«In cosa ho sbagliato nella vita?»
«Faresti bene a chiederti cosa hai indovinato papà…»
I due piangono cercando di non farsi vedere dagli altri. Lei vorrebbe essere capita, lui ascoltato. Due mondi distanti. Troppo distanti.
«Figlia mia, non possiamo passare le serate a fare pace, dobbiamo fare in modo di andare d’accordo prima».
«Bella frase, chi te l’ha suggerita?»
«La psicologa».
Sul tavolo le due pizze erano rimaste quasi intere.
«Non la mangi la capricciosa? E certo, mica sei cannibale?»
«Papà, che battuta è?»
«È per scherzare. Tu a volte sei capricciosa, come la pizza. Se mangi la capricciosa vuol dire che sei una cannibale».
«Non fai ridere».
«Be’, hai ragione, lasciamo stare».
La serata scivola via. Padre e figlia si dicono tutto. Tutto e niente.
«Papà si è fatto tardi, mamma è già da un bel po’ che manda messaggi».
«È vero, ho visto adesso che ce ne sono anche sul mio cellulare».
Il suo display visualizza numerose chiamate e un messaggio di WhatsApp: «Sei il solito stronzo».
Mettendo via il telefono fa cadere il limoncello sul tavolo.
«Pazienza», dice, «non mi andava nemmeno. Non vuoi il gelato?»
«No».
«Dai, un bel gelato… Stiamo qualche altro minuto insieme, oramai mamma ha emesso la sentenza, che cambia?».
«Papà, portami a casa».
«Va bene, chiedo il conto».
E il conto arriva. Un conto salato, salato quasi come quello che la vita gli stava facendo pagare.