Niente sarà più come prima
Medea cantava sotto la doccia. L’acqua scendeva calda, quasi bollente, su tutto il suo corpo. Il vapore imbrattava i muri e l’odore di frutta non faceva pensare al bagnoschiuma ma a un paradiso esotico. Era il suo momento questo, la doccia, mattina e sera. Sotto la doccia si rilassava, aveva le sue intuizioni e risolveva i suoi problemi. Sempre, o quasi.
Non quella mattina, però, perché non tutti i giorni sono uguali. Non cantava quella mattina, aveva un groppo in gola che le toglieva il respiro, un magone che sembrava frutta andatale di traverso. Si insaponava senza seguire alcuna regola. Passava da una parte all’altra del corpo lasciando intere zone scoperte, come fanno i bambini durante i loro primi bagnetti. In compenso la fece durare più del solito perché, se avesse potuto, avrebbe fermato il tempo. Ma non poteva e allora doveva vivere e superare quel momento.
Con la spugna sfiorò le sue gambe belle sode e fece altrettanto con il resto del corpo che le risultò non da meno. Nonostante quattro gravidanze poteva definirsi ancora una bella donna. Aveva salutato i suoi figli che al ritorno da scuola avrebbero trovato la governante ad accoglierli.
Ora Medea piangeva e le lacrime si mischiavano all’acqua. I suoi familiari rimasti, la mamma anziana e il papà ancora più anziano e con l’Alzheimer, l’attendevano in cucina per la colazione. Il bastardino di famiglia, impaziente di scodinzolarle attorno, aveva più volte graffiato la porta del bagno nel tentativo di richiamarla all’ordine.
Come da accordi sarebbe venuta a prenderla sua sorella nel giro di un’oretta. Si lasciò cullare qualche altro minuto ancora dal rumore dell’acqua cercando di allontanare i pensieri negativi. Ma questi ritornavano, come le lacrime che adesso avevano la stessa intensità dell’acqua. Fece vagare la mente a quando era giovane. Istintivamente si toccò i seni.
Le sfuggiva quale dei due di lì a poco le sarebbe stato asportato.