Nemmeno l’edicolante conosceva il suo nome
di Paola Lombardi
Balzò nel vagone della metropolitana un istante prima che le porte si chiudessero. Nel vano c’erano pochi passeggeri, quasi tutti seduti. Si guardò intorno, osservò alcune persone, scrutò i loro volti e poi, lasciando la presa e restando in equilibrio, la sua attenzione fu colpita da una donna. Era seduta in un angolo, aveva davanti una pesante busta di plastica ed era vestita in modo dimesso. Sembrava anziana. L’uomo le andò vicino, si abbassò per portare il suo viso davanti a quello dell’anziana e scandendo bene le parole le chiese: “Signora, lei mi conosce?”.
La donna lo guardò con un pizzico di timore negli occhi e scosse il capo da destra verso sinistra. “Ne è sicura?”, tornò a chiedere l’uomo.
L’anziana, mortificata, gli disse “No”, senza aggiungere altro.
Le porte si aprirono e l’uomo scese con un lieve salto per risalire in un altro vagone. La scena si ripeté allo stesso modo. Ugualmente ottenne una risposta negativa. Gli altri passeggeri osservarono la scena senza mostrare particolare interesse e nemmeno apprensione. Forse perché l’aspetto di quell’uomo, malgrado avesse un’espressione inquieta, era rassicurante. Indossava dei jeans puliti e della sua taglia, dei morbidi mocassini blu e una camicia bianca stirata e inamidata. Nel complesso era un bell’uomo, alto, snello e con i capelli ricci appena più lunghi del dovuto.
Alla stazione successiva scese, si avviò verso l’uscita e alla prima donna che incontrò sulle scale chiese a voce alta: “Signora, lei mi conosce?”.
La donna non attese nemmeno che finisse la domanda superandolo quasi spaventata.
L’uomo arrivò alla sommità delle scale, si voltò verso il basso e a tutta voce chiese: “Per favore, qualcuno mi conosce?”.
Ottenne l’attenzione, in molti lo guardarono, il suo aspetto curato gli regalava una naturale fiducia, ma nessuno lo conosceva. Una ragazza lo avvicinò chiedendogli se avesse bisogno di aiuto, l’uomo scosse la testa. Chinò il capo e andò via.
Uscì in strada. Entrò nel primo supermercato e arrivato al banco dei surgelati ripetè la sua domanda a voce alta: “Per favore, qualcuno mi conosce?”.
Tutti lo guardarono, ma nessuno lo trovava familiare, nessuno lo conosceva. Un’addetta agli scaffali, con il camice rosso, gli tese la mano invitandolo ad uscire. L’uomo non si scompose, senza opporre nessuna resistenza e con lo sguardo triste apprezzò il contatto con la mano della commessa e si fece portare fuori.
Di nuovo in strada, si avviò a rapidi passi verso il parco. Prese posto sulla panchina di fronte all’edicola.
Osservò il momento adatto, quando non c’erano altri clienti, e si rivolse all’edicolante: “Da quanti anni vengo qui tutte le mattine?”. Il venditore lo guardò e con un cenno della mano indicò che era da molto tempo.
“E allora perché nessuno mi conosce?”, chiese l’uomo con la camicia bianca.
“Non è vero, molte persone la conoscono. Io la conosco”, replicò l’edicolante rimettendo a posto le riviste femminili. “Però, lei non ha mai fatto le cose che fanno tutti, lei è un attore e quindi non è mai andato al supermercato, non ha mai preso la metropolitana, non ha mai aspettato l’autobus alla fermata, non ha mai portato il cane a spasso nel parco o i bambini a correre in bicicletta. Lei viene qui, quando sto per aprire e quando il parco è quasi vuoto”.
L’uomo con la camicia bianca sembrò contrariato, un pensiero carico di tristezza gli oscurò il viso: “Capisci il dramma? Sono un attore e nessuno mi conosce”.
“Ma lei recita in teatro, chi ci va ormai a vedere gli spettacoli? Lo sa quanto costa il biglietto?”.
“Sì che lo so, mi hanno licenziato. La compagnia mi ha fatto fuori”.
“Questo mi dispiace, ma vedrà troverà altri teatri, reciterà ancora”, lo rassicurò l’edicolante. “Chissà”, sospirò l’uomo con la camicia bianca.
Nemmeno l’edicolante conosceva il suo nome.