Miele selvaggio
“Chiara, tesoro mio almeno una settimana l’anno bisogna allontanarsi dal traffico, dalla televisione.”
Questa era la frase che puntualmente nonna mi diceva quando finiva la scuola. Per sette anni, dalle medie al quarto superiore, come finiva la scuola mi portava tra le montagne abruzzesi, nell’albergo di una sua cara amica, per 5 giorni che sembravano mesi.
Vi erano solo distese di verde, animali al pascolo e l’unico rumore era il canto dei vari insetti. Non potevo vedere la TV, era in una stanza dove non si poteva entrare. Seppur i telefonini ancora non ci fossero, mi mancava non poter telefonare alle mie amiche, con quel bel telefono grigio, che si girava la ruota per fare il numero.
Il mercoledì prendevamo una corriera, ogni volta non volevo staccarmi dai miei genitori, sapevo che nonna mi avrebbe coccolato fino alla domenica, quando i miei sarebbero venuti a prendere dopo il classico pranzo. Invidiavo tantissimo mio fratello, poverino lui restava a lavorare nell’officina con papà, ma almeno la sera usciva con i nostri coetanei.
Io vedevo solo Pietro, il nipote dei proprietari del rifugio dove alloggiavo. Taciturno, accennava solo piccoli sorrisi e amava giocare con le api. Però quell’ultimo anno non lo incontrai, fu la mia ultima vacanza con nonna.
Mi sono diplomata, ho preso una laurea in economia, ho amato un unico, grande uomo. Compagno di università, di lavoro, padre del mio splendido Matteo. Una vita perfetta e felice, fino ad un anno fa. Il destino mi ha tirato un brutto scherzo, lo ha strappato a me e soprattutto a nostro figlio di 8 anni. Debbo lavorare,pensare a Matteo, in ufficio con me studia, guarda la TV, gioca con lo smartphone. Nonna chissà come ti arrabbieresti;sarà per questo che approfittando di alcune vacanze ho deciso di tornare in quel posto, tra le montagne. Mi sono informata è rimasto incontaminato e senza tecnologia. Ci accompagna mio fratello, mio figlio non vuole scendere dall’auto, poi da bravo ometto mi dice:”Mamma lo faccio solo per te. Zio puoi andare, ma domenica porta pure i nonni quando vieni a prendermi. “
È tutto uguale, eccetto gli amici di nonna, anche loro non ci sono più.
Matteo è subito attratto da qualcosa, sono le arnie delle api; da gran curioso si mette a correre e si avvicina. Lo raggiungo e lo trovo intento a conversare con un uomo, dai lineamenti familiari; è Pietro, non gioca più con le api, ora sono il suo lavoro.
Purtroppo i giorni passano in fretta, mio figlio non mi chiede mai il telefono o dei suoi amici, non gli manca la TV; è troppo preso dalle api e da Pietro che si pone sempre in modo molto gentile e affettuoso.
È sabato sera, mio figlio già dorme. Ne approfitto per godere di quel posto ancora per un pochino. Pietro mi si avvicina, iniziamo a parlare, ricordare, ci raccontiamo i nostri dolori; mi guarda facendomi sentire, bella, desiderata, viva. È un attimo, mi bacia, prima delicatamente poi con passione, le sue labbra sanno di miele. Aspettiamo l’alba abbracciati, lui mi chiede di non andare via, anche se sa che non risponderò si.
Arriva la mia famiglia, pranziamo tutti insieme, anche Pietro , come quando c’erano nonna, ma qualcosa è cambiato io non sono felice di ripartire.
Matteo mi fa una richiesta insolita, nonostante i suoi 8 anni,mi dice:”Mamma restiamo qui. Ti ho rivisto sorridere con Pietro e insieme a lui, papà mi manca ma lo sento vicino a me. Oppure se non possiamo rimanere, almeno portiamolo con noi”.
Abbiamo trovato un compromesso d’amore, siamo andati a vivere tutti 3 a pochi kilometri dal rifugio, dove la tecnologia prende, Pietro il giorno va dalle sue api, io vado in ufficio e Matteo dopo la scuola sceglie se vuole stare con me, con la nonna oppure al rifugio con il suo secondo papà (come lo chiama lui).
Ora la nostra vita profuma di miele.