L’ultima goccia
Sarà stato il caldo, sarà stato il rumore del traffico. O forse, no. Sarà stato per colpa del rubinetto. Quell’inesorabile goccia che cade e si espande nel lavandino emettendo un suono snervante. Cadenzato, inevitabile. Come il tempo. Ma forse, sarà stato per colpa dell’infelicità. Quella sensazione di essere prigionieri. Quel guardarsi intorno e vedere solo le sbarre di una gabbia. Quando te ne accorgi sollevi gli occhi al soffitto e ti senti perduto. Non puoi fare a meno di gridare. Non puoi resistere, devi urlare.
E poi proprio ieri sera si è fulminata la lampadina del bagno. Per questo, ora che ci penso, abbiamo litigato. Per la lampadina del bagno. Abbiamo perso la testa, tutti e due. Forse tu più di me. Ti guardo adesso, non urli più. Non mi mostri sulla faccia i pugni chiusi. Non prendi a calci la porta. Non mi dici cose del tipo “finiscila oppure ti farai male”. Non dici più niente. In silenzio si sta meglio.
Ora mi sembra tutto più chiaro. Nessuno saprà mai del rumore che mi ha stordita per anni. Nessuno dirà mai niente dell’oscurità che scendeva sui miei occhi quando eravamo chiusi in casa. E adesso mi chiedo se l’appendiabiti oppure il frigorifero o magari il lampadario potranno mai firmare il verbale come testimoni. Resto seduta sul divano. Proprio dove sedevi tu fino a poco fa. Avevi ragione. E’ il posto più comodo per guardare la televisione. Quasi quasi l’accendo perché non sento nessun rumore. Dev’essere finita l’acqua, il rubinetto non goccia più.