L’ultima corsa

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di Paola Lombardi

In stazione non c’era nessuno o quasi. Daniele e Gino arrivarono trafelati. Con il respiro corto riuscirono a salire sull’ultimo treno della sera poco prima che chiudessero le porte.

Si guardarono l’un l’altro riprendendo fiato. I vagoni erano quasi tutti vuoti, non c’erano che sporadici passeggeri sonnecchianti. Scelsero un posto mentre il treno si avviava. Le luci al neon intermittenti, l’andamento regolare e il tepore che invadeva il vagone fecero in modo che le chiacchiere tra i due amici si spegnessero quasi subito ed entrambi si addormentarono profondamente cullati dal treno.

Appoggiati l’uno sulla spalla dell’altro si lasciarono andare ad un sonno profondo. Nessun controllore passò a svegliarli. Uno scossone e il lungo fischio del treno in fermata ebbero l’effetto di una sveglia. Daniele si destò per primo e cercò di capire dove fossero, ma fuori c’era un buio fitto. Gino si risvegliò con un sonoro sbadiglio a bocca aperta. Il treno rimase fermo con le porte aperte. Salirono gli addetti alle pulizie. “Scendere, signori, scendere. Fine della corsa”.

I due amici si guardarono l’un l’altro confusi… avevano perso la loro fermata. Si erano addormentati! Scesero dal treno e si ritrovarono in una stazione desolata e vuota. Non c’era nessuno. E quel che è peggio, non c’era nessun cartello che avvisasse dove fossero. Una stazione anonima e vuota.

Tutto spento, nessun cartello, nessun avviso. Sul display luminoso c’era impressa solo una data: 26 febbraio 1994. Impossibile! Si dissero i due amici certi che l’anno in corso fosse il 2016. Dov’erano? A chi chiedere aiuto? La stazione sembrava immersa in un silenzio desolante. Intorno non si vedevano strade né tracce di abitazioni o di illuminazione. C’era solo buio e silenzio.

Pensarono a come uscire da quella situazione così confusa. Perlustrarono un po’ la zona e incontrarono un uomo in divisa. Lo chiamarono rivolgendogli le loro domande affannate, ma l’uomo si limitò a sorridere e a scomparire nel nulla. Trovarono un vagone merci con il portellone aperto pensarono di trovare rifugio lì e scoprirono che il vagone era già occupato da una donna rivestita di stracci.

Non li scacciò ma non seppe rispondere a nessuna delle loro domande esprimendosi in una lingua sconosciuta. Daniele e Gino si strinsero l’un l’altro con sgomento. I loro cellulari erano spenti e inutilizzabili. Non avrebbero saputo come avvisare le rispettive famiglie della loro disavventura notturna. Malgrado ansie e paure i due si addormentarono di nuovo.

Un lieve raggio di sole li risvegliò. Intorno a loro non c’era nessuno. Uscirono dal vagone merci. Riconobbero il paesaggio. Andarono nella sala d’attesa. Sembrò loro diversa rispetto alla notte precedente. Tutto sembrò loro familiare. Era la stazione della loro città! Come poteva essere successo? Cosa era successo? Non c’era nessuno a cui chiedere e poi cosa avrebbero potuto chiedere? Si strinsero nelle spalle e tornarono a casa. Furono accolti con apprensione e diffidenza dalle loro famiglie: “Anche stavolta avete perso il treno, vero? Siete due sciagurati”, nessuno dei due fu in grado di replicare.

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