Lo specchio
Una notte decisi di fare una passeggiata, l’aria era fresca e sentivo risuonare nella mente cori di archi e fiati. Forse era tutto un parto della mia mente, ma non sapevo frenarli, in fondo non lo volevo affatto. Un concerto tutto per me non lo avrei ottenuto neanche se fossi stata la reincarnazione di un angelo o avessi commesso una strage di innocenti. Sentivo la dicotomia tra bene e male così distinta, senza un perché, come se nella mia mano sinistra ci fosse il cielo e nella destra il coltello per trafiggerlo.
Anche se avessi obbligato il cielo a guardare mentre veniva trafitto, chissà cosa avrebbe mai avuto da obiettare, in fondo succedevano milioni di atrocità e nessuno muoveva mai un dito. Qualcuna in più non avrebbe cambiato nulla.
Mi fermai ad ammirare la città dall’alto, e decisi di sedermi.
Guardavo nel vuoto, osservavo il vento ed un enorme cerchio di fuoco ai miei piedi. L’aria era colma di disperazione e mi sentivo cullare, quasi questo mi calmasse. Era così strano che scoppiai ridere, chi mai si beerebbe della disperazione? Cosa mi sta facendo questo mondo, cosa io gli sto permettendo di farmi? Basta, non mi interessa, faccia pure quello che vuole.
Fissavo quegli occhi nei miei sogni, nel cerchio.
Erano davanti a me e non vedevo i miei riflessi in essi, vuoti e calmi ma tristi e ricolmi. Quella notte per me era finita, l’inizio della mancata via d’uscita.
Alzandomi incespicai all’indietro e feci dei passi nel buio più completo, il fuoco era scomparso e nel cielo non c’erano luci, nessuno mi stava più guardando ed allora avvertii il tocco gelido sul mio collo, era lei. Era venuta a prendermi, avevo il cuore stracolmo di una felicità delirante, “Grazie diceva il lago”,”Grazie” esultava la mia testa.
Non era chi pensavo che fosse, non era l’angelo che aspettavo.
Davanti a me degli occhi colmi di rabbia, infervorati di vuoto, gelo e fuoco. Si fece strada in me la certezza: erano i miei occhi, come in uno specchio.
La loro voce mi parlò: “Non tremare, non piangere”. In un attimo ero a terra, nel vuoto più assoluto e qualcosa che mi gelava e nello stesso istante mi scaldava la gola.
Mi svegliai la notte successiva, nel cerchio di fuoco e tenevo per mano la disperazione ed il vuoto e davanti avevo uno specchio, ossidato e vuoto.
Leggevo un messaggio su di esso, scritto con le dita sul vapore “Ora, ora avrai quello che cerchi”.
I giorni successivi mi destavo ed addormentavo senza alcuna cognizione del tempo. Vedevo solo buio, solo gelo, solo fuoco.
Davanti a me, ancora lo specchio. Non ricordavo di averlo portato con me. Vi era rimasto inscritto sopra il messaggio: “Ora, ora avrai quello che cerchi” ed allora chiesi con speranza: Sono Morta?
La risposta giunse chiara e lapidaria, con un sussurro: “Ovviamente no, anche se ti piacerebbe”.