L’ingresso libero nella poesia

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di Paola Lombardi

Sono frammenti, vestiti dismessi, diari nascosti in fondo ai cassetti. Sono richiami, parole dimenticate, sono poesie non più declamate. Sono i ricordi che tornano indietro, riaffiorano dal passato. In pochi conoscono il significato della poesia, in pochi ne conoscono il potere. Elena riconobbe quel valore. Una mattina, come tutte le altre, era pronta per andare al lavoro.

Aveva già ascoltato suo marito lamentarsi per qualcosa, aveva rassicurato suo figlio, aveva assolto a tutti i suoi compiti domestici e poteva uscire di casa. Per un attimo rimase con il telecomando della TV sospeso nella mano. Tutti erano usciti. Nel silenzio dell’appartamento vuoto, riconobbe la voce che declamava i versi di un poeta slavo tradotti in italiano. Rimase sorpresa e stupita e si sentì ferita. Derubata di qualcosa che quell’uomo nascosto nella TV le ricordava.

Le venne da piangere. Le lacrime cadevano irrefrenabili, cocenti. Si guardò intorno. Non riconobbe nulla di sé in quella casa. Prese le chiavi e uscì lasciando la TV accesa. Quella poesia invocava l’amore. L’amore assoluto, eterno, l’amore intessuto di nostalgia. L’amore capace di trasformare il mondo intero in poesia. Elena cosa aveva avuto dall’amore? Si rispondeva: fatica, frustrazione e rabbia. Guardò la strada davanti a sé e non la riconobbe. Non andò al lavoro.

Telefonò per avvisare che il suo bambino stava male. Andò invece verso il centro, lasciò l’auto e si sentì meglio. Visitò monumenti, attraversò strade. Sentì che respirava davvero dopo anni di grigiore. In una libreria acquistò un libro di poesie e seduta su una panchina prese a farsi promesse tra sé e sé. Poi decise di tornare a casa. Non l’avrebbe detto a nessuno ma avrebbe continuato a sognare di tornare indietro e di essere travolta da un amore dolcissimo.

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