Le zucchine di Rosellina
Rosellina guardò le sue mani che un tempo erano state belle.
La terra conficcatasi nelle unghie aveva sostituito negli ultimi mesi lo smalto rosso che aveva amato sin da piccola.
Cominciò a piangere. E le lacrime le solcarono il viso invecchiato all’improvviso. Piangeva perché non aveva venduto nulla. Erano tempi tristi, e più triste era lei, costretta ad improvvisarsi imprenditrice agricola.
Pensò ai due bimbi da sfamare e al marito che, perso il lavoro, si stava lasciando andare dividendo le sue giornate tra un bar e l’altro del paese.
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Si aggiustò alla meglio, un cliente ben vestito avanzò verso di lei. “A quanto le zucchine?”, chiese deciso.
Rosellina iniziò a tremare per la paura, finché si fece forza. “Tre e cinquanta”, rispose sussurrandolo, quasi sperando che non l’avesse sentita.
“Che?! Ma siamo impazziti, più del doppio… Dove vogliamo arrivare!”. E se ne andò imprecando.
Rosellina avrebbe voluto spiegare che il prezzo alto non era colpa sua ma della grandine che aveva decimato il raccolto. Ma non ebbe coraggio e tempo. Il rombo della Porsche Cayenne del cliente coprì i suoi singhiozzi.