Le lucciole nel cuore
di Laura De Santis
Elsa rientrò in casa con il viso di un pallore cereo. Tremava, ma non disse una parola. Si scusò con tutti e si ritirò nella sua stanza. Le aveva sempre fatto paura la casa dei nonni materni. Quella villa composta da decine di stanze, con i suoi lunghi corridoi sui quali si affacciavano decine di porte chiuse, le incuteva timore. Intorno alla casa c’era un oscuro parco abbandonato che ormai somigliava ad una foresta scomposta. Elsa aveva paura soprattutto delle cantine che si stendevano come un dedalo intricato nel sotterraneo. L’odore greve della muffa le dava un senso di soffocamento. A volte, seguiva i suoi fratelli più piccoli che giocavano curiosi nelle cantine. Restava nei pressi delle porte di accesso senza addentrarsi nei corridoi bui. Quel pomeriggio, il cielo si oscurò all’improvviso malgrado fosse giugno. Elsa si sentì avvolgere dalle tenebre. Suggestionata dalla sua stessa paura vide passare davanti a sé una piccola luce. Poi ne scorse un’altra. Prima incredula, poi spaventata, osservò quelle due piccole luci intermittenti sollevate a mezz’aria. Impiegò alcuni minuti per riaversi dallo stato di choc che la pervase. Appena riuscì a formulare pensieri compiuti, senza badare al formicolio dei piedi, corse verso l’interno della casa incapace di pronunciare un suono. Sua madre vedendola passare stravolta, la seguì nella sua stanza. Bussò dolcemente alla porta invitandola ad aprire. Dopo alcuni minuti di interminabile silenzio, Elsa piegò la maniglia lasciando la porta socchiusa. Con premura, sua madre le si avvicinò per carezzarle i capelli. Quel gesto, affettuoso e comprensivo, la fece sciogliere in calde lacrime. Singhiozzò stringendosi a sua madre. Scossa dal pianto riuscì a dire poche parole “in cantina… ci sono i fantasmi”. Sua madre sorrise, incredula ma preoccupata dall’immaginazione morbosa della figlia. “Stai tranquilla”, le disse con delicatezza. Un istante di consapevolezza attraversò la mente di Elsa. Si asciugò le lacrime e si alzò in piedi. Guardò la madre con sfida e le disse di seguirla in cantina. Si avviarono l’una dietro l’altra e durante il tragitto richiamarono l’attenzione degli altri.
Davanti l’ingresso dei sotterranei, con un gesto teatrale, Elsa si tirò da parte invitando gli altri ad osservare lo strano fenomeno delle luci intermittenti. La madre entrò per prima nell’antro e venne travolta dai figli più piccoli che gridavano e correvano immersi nel gioco. Nel frattempo, era scesa la sera. Il buio dell’interno si confuse con quello di fuori. Elsa rimasta sulla soglia lanciò un urlo. “Aiuto”, gridò. I familiari accorsero e la trovarono inginocchiata a terra con la testa nascosta dalle braccia. Intorno a lei volavano decine di lucciole nella sera ancora fresca. “I fantasmi”, urlò Elsa. La madre, tentando di trattenersi dal ridere, le si avvicinò con dolcezza per tranquillizzarla: “Non avere paura, sono soltanto lucciole. Non ci sono fantasmi”. Elsa non riuscì a crederle, si fece trascinare in casa e ottenne dalla madre il regalo più desiderato: tornare in città il mattino dopo.