L’aquilone
C’è un gran vociare oggi nel cortile.
Hanno smesso di schizzarsi con le pistole ad acqua, si è alzato il vento. Ora cercano di recuperare un aquilone o, meglio, ciò che ne resta: un pezzo sufficiente a improvvisare un gioco appassionante. Di solito la differenza tra i bambini e gli adulti è tutta qui: i primi sono capaci di creare il divertimento dal nulla, i secondi una guerra.
Li guardi fuori dalla finestra che si impegnano e quando sono vicini a prenderlo una folata lo fa risalire su. E ridono, ridono, ridono. E tu ti chiedi che cosa abbiano da ridere visto che non sono riusciti ad afferrarlo. Uno di loro alza lo sguardo verso di te e tu ti nascondi veloce dietro le tendine. Non sai se ti abbia visto o no, ma poco importa, torna subito a correre con quei bambini che in teoria sono anche tuoi compagni. Sì, certo, sono della tua città, frequentano la tua stessa scuola, prendono i tuoi stessi pullman, ma sono diversi da te. O forse, sei tu diverso da loro. Ricordi bene l’ultima volta che hai osato uscire a giocare con loro e quante botte ti hanno dato. Ma per scherzo, non doveva essere vero perché ridevano tanto. E quando qualcuno ride significa che si sta divertendo. E tu sei contento che loro si divertano, vuol dire che servi a qualcosa.
Ma a pensarci bene non vale la pena uscire fuori e rischiare, quelli avrebbero piacere a sostituire il pezzo di aquilone con il tuo corpo. Però è proprio bello rincorrere l’aquilone con gli altri e ancora più bello sarebbe riuscire ad afferrarlo, riuscire dove loro falliscono.
Ora se ne sono andati e timidamente ti affacci fuori guardando a destra e sinistra per scorgere se qualcuno di loro sia rimasto nei paraggi. Via libera, il vento che ti sferza la faccia soffia ancora e tu ridi, ridi forte, più forte. E allora capisci perché loro ridevano e quanto sia bello ridere. L’aquilone si alza e cade di continuo e più volte sei sul punto di afferrarlo. Poi il vento si posa e l’aquilone giace esausto a terra.
Ora puoi prenderlo, ma non ti serve più.