La gita della domenica
di Paola Lombardi
“Dai, sei pronta?”, “Sì, un attimo”.
Le mie domeniche iniziavano tutte così, quando ero bambina. La sveglia suonava prima di tutti gli altri giorni e, estate o inverno che fosse, noi dovevamo sbrigarci ad alzarci e a prepararci. In cucina, mia madre preparava frittatine e panini, mio padre caricava oggetti vari nel bagagliaio dell’automobile. Mio fratello era sempre il primo ad occupare il bagno e il primo a farsi trovare diligentemente in soggiorno, mia sorella e io facevamo fatica ad aprire gli occhi sapendo che fuori era ancora buio. Le nostre proteste non servivano a niente. I nostri genitori non volevano sentire ragioni. E’ domenica! ci sgridavano quando provavamo a fare un po’ di capricci.
I miei compagni di scuola la domenica potevano dormire fino a tardi, di solito tutti andavano a messa e poi a pranzo dai nonni. Invece, noi… Noi eravamo diversi. Mia madre, in effetti, era proprio diversa da tutte le altre mamme della scuola. Magra magra, con la sigaretta perennemente tra le dita e un gran bel sorriso pronta ad appassionarsi ad ogni cosa. Le mie amichette l’adoravano, erano pazze di lei così allegra che non si arrabbiava mai per niente. Non potevano sapere che la domenica mattina, se alle 7.30 non eri già pronta ad uscire, le sue urla le avrebbero sentite dall’altra parte della città.
I nostri genitori erano così, tutte le domeniche dovevano organizzare una gita per tutta la famiglia. Ogni volta, era una sorpresa. Siamo andati sulla neve, in collina, in montagna in primavera, abbiamo visitato città e paesi, siamo stati in tutte le sagre e i festival nel raggio di 200 chilometri da casa nostra. Siamo andati al mare, in estate e in inverno, siamo andati a visitare musei, cattedrali, archivi, abbiamo visto città antichissime e cittadine moderne. Alcune volte, siamo rimasti delusi, altre volte ci siamo trovati fin troppo bene, al punto di non voler tornare indietro.
Durante il viaggio di ritorno, i nostri genitori ci invitavano a raccontare la gita della domenica secondo noi. Ognuno raccontava una sua versione personale di quello che lo aveva colpito, di quello che gli era piaciuto. I nostri racconti non coincidevano mai. Mia sorella aggiungeva sempre elementi in più, storie fantasiose, mio fratello sembrava un cronografo, e i suoi racconti iniziavano sempre allo stesso modo: alle ore 7.21 siamo partiti diretti a… alle ore 9.01 siamo scesi dalla macchina, e andava avanti così all’infinito.
Io cosa raccontavo? La verità secondo me, quello che mi era piaciuto e quello che non mi era piaciuto, spesso mi soffermavo di più su quello che mi aveva dato fastidio, ma di solito ero molto sbrigativa. Nostra madre sorrideva, nostro padre guidava serenamente. Le nostre gite della domenica erano uno strano momento familiare solo nostro fino a quando le proteste di noi figli adolescenti hanno interrotto questa consuetudine, ma solo per noi.
Per molti anni, tutte le domeniche i nostri genitori sono andati a fare la loro gita, anzi negli anni hanno iniziato a stare fuori per più tempo. Partivano il venerdì per tornare la domenica sera. Loro due da soli, senza di noi.
Poi, sono invecchiati, mentre noi diventavamo adulti. Ma la gita della domenica resta. Ci pensa mio fratello adesso, tutte le domeniche mattina passa a prenderli abbastanza presto e li accompagna sul lago, al mare oppure a vedere qualche manifestazione nelle vicinanze. L’unico cambiamento è che ora vanno a mangiare al ristorante e non si preparano più i panini. Mio fratello è felice di trascorrere così la domenica. Negli ultimi tempi, porta con sé anche suo figlio che ha otto anni e pubblica su facebook le foto di loro quattro che sorridono felici. Sembrano davvero felici. Soprattutto mia madre che non ha ancora smesso di fumare.