La donna volpe e lo stregone
di Elena Ramella
La donna volpe e lo stregone camminavano in silenzio lungo la spiaggia. Lui si raccolse le vesti per non inciampare, la trattenne per una zampa. La donna volpe gli sorrise, i suoi denti affilati brillarono nella bocca rossa e carnosa, raddrizzando le orecchie e scuotendo i lunghi capelli fulvi.
“Ti trovai, Volpe. Quel giorno, nella foresta. Ti accarezzai e tu mi ringhiasti, ma non mi mordesti. Ricordo i tuoi bellissimi occhi incrostati di polvere. Ti pulii e ti curai, ti sfamai e ti feci riposare”.
La donna volpe fece un passo indietro, sospirando, mentre grossi cumuli di nuvole grigie iniziavano a coprire il cielo sopra il mare. C’erano cespugli di rose bianche tra gli scogli, i petali aggrappati alle corolle per resistere al vento mentre al loro interno nascevano vite malate e mortali che si facevano strada verso il mondo esterno.
“Poi te ne andasti, Volpe. Ti cercai per giorni e notti intere. Quando ti trovai non ti lasciasti neanche avvicinare. Piangevi. I tuoi begli occhi offuscati dalle lacrime mentre ti sorreggevi a malapena sulle due zampe posteriori, con la coda avvolta attorno al tuo braccio e il bel collo pallido scoperto ed indifeso.
Ti ripresi con me, ma ti misi un collare di velluto verde legato ad una corda che si allungava e accorciava a mio piacimento.”
Lo stregone passò le dita sottili attorno al collo della donna volpe dove il collare di velluto lasciava una piccola linea rossa, come se quella dolce testa fosse stata mozzata e poi rimessa al suo posto. Stava iniziando a piovere e le onde si facevano più lunghe e schiumose.
“Mio stregone” disse la donna volpe.
Un corvo volò, il vento spinse verso di loro una piccola barca a remi.
“Ho una cosa da darti”.
“Fate presto, o moriremo annegati”.
Lo stregone respinse con un calcio la barchetta e staccò dalla cintura un sacchettino di pelle consumata e macchiata.
“Tieni”.
La donna volpe guardò dentro al sacchettino e urlò. Urlò come una donna e come una volpe. Urlò e la sua fronte si imperlò di sudore sotto al velo ricamato d’oro.
Lo stregone si lasciò spingere dal vento verso la barchetta che poco prima aveva spinto via. Si accucciò sulla piccola seggiola e scomparve nell’orizzonte sconvolto dalla tempesta in una nuvola di vapore nero.
La donna volpe continuò ad urlare mentre si strappava con i denti e le unghie il collare dal collo, ferendosi la delicata pelle del petto mentre i corvi e gli avvoltoi lasciavano cadere la loro bava sul suo collo.
Un’onda la sollevò e la portò con sé. Lei annaspò e si dimenò ancora per non affogare. Ma poi fu solo più blu e nero.
“Perché te n’eri andata, Volpe mia? Mi costringesti a marchiarti col fuoco ai miei occhi. Saresti per sempre stata una volpe fuggitiva, una volpe cattiva che avrebbe potuto uccidermi nel sonno”.
“Mio stregone, la marea mi ha portata via e mi ha adagiata qui, ai piedi di un salice. Tu dove sei? È buio e la mia pelliccia non basta per scaldarmi.”
“Mia Volpe, sono lontano ormai. Sono vecchio e sto per morire. Ma ti ho amata, Volpe mia”.