La cura di tutti i mali
di Fabrizio Falasca
Sala d’aspetto dell’ambulatorio di un Medico di Famiglia: ore 9.00.
Un signore settantenne, distinto e sereno, arriva proprio all’orario di apertura dell’ambulatorio. Si siede ed aspetta. L’assistente del Dottore, vedendolo in attesa, gli fa cenno di entrare, ma lui candidamente risponde: “Grazie, ma sto aspettando che mia moglie mi porti la cartella con le analisi”. E continua la sua attesa sulla sedia. Intanto arriva un secondo paziente. Rivolgendosi al signore, gli chiede se fosse l’ultimo in attesa, ma anche questa volta risponde: “Prego, entri pure prima di me, tanto sto aspettando che arrivi mia moglie”. Il paziente, sorridendo, lo ringrazia calorosamente ed entra per la visita.
La stessa scena si ripete per tutta la mattinata. All’arrivo di ogni paziente, il settantenne in attesa della moglie, concede agli altri di entrare per la visita prima di lui. Ovviamente, ogni paziente che riceve quel gesto, ringrazia il signore sorridendo e tirando un lieve sospiro, per aver guadagnato qualche minuto di ulteriore attesa. Uno dei pazienti, però, avendo sentito la giustificazione del signore, chiede: “Ma non è preoccupato che sua moglie ancora non sia arrivata? Sono passate diverse ore! Perché non la chiama al telefono?” Ma il signore, mantenendo la sua serenità, risponde: “Non credo sia successo nulla di strano. Ci mette sempre un po’ di tempo e comunque aveva detto che sarebbe andata anche a fare spesa prima di venire in ambulatorio”. Tra una chiacchierata ed una battuta, un “grazie” ed un sorriso, arriva l’ora di chiusura dell’ambulatorio: le 13.00.
L’assistente del Dottore, si avvicina di nuovo al signore: “Ma sua moglie non è ancora venuta? Lei è sicuro che non le sia successo nulla? Noi purtroppo dobbiamo chiudere l’ambulatorio perché il Dottore deve fare alcune visite a domicilio; quindi, se non ha urgenze particolari, magari può passare domani”. Il signore si alza, mantenendo il suo sorriso e risponde: “Grazie, lei è molto gentile. Ora intanto ritorno a casa da mia moglie e poi domani ritorneremo. Arrivederci e buona giornata, signorina!” Ovviamente l’assistente non riesce a capire quello strano comportamento, soprattutto quella calma che il settantenne mantiene per tutto il tempo.
Il giorno dopo, la situazione si replica esattamente allo stesso modo. Questa volta però, il signore ammette che sua moglie sarebbe arrivata più tardi perché non riesce ancora a trovare la sua cartella con le analisi. Difatti, ad ogni paziente che arriva, il signore concede sempre di prendere il proprio posto, ricevendo i soliti ringraziamenti: a volte sentiti, a volte distratti, ma comunque sempre secondo principi di educazione. Arriva nuovamente l’orario di chiusura dell’ambulatorio ed il signore, prima che l’assistente ed il Dottore escano dalla loro stanza, si alza e torna a casa.
Per una intera settimana, l’ambulatorio medico ridiventa quotidianamente lo scenario dove il signore arriva di primo mattino e durante la sua attesa lascia passare ogni paziente arrivato dopo di lui. Ma all’orario di chiusura del venerdì, il Dottore invita il signore ad entrare nella sua stanza, nonostante il gentile rifiuto del settantenne. Una volta seduto davanti al Dottore, la domanda gli viene posta come una sorta di liberazione. “Mi scusi, signore. E’ una settimana che la mia assistente mi riferisce della sua quotidiana presenza in ambulatorio e del fatto che poi torna sempre a casa senza farsi visitare. Lei capirà che nessuno ha piacere di fare ore ed ore di fila in una sala d’attesa, peraltro con tutto il vociare degli altri pazienti ed i trilli dei vari cellulari che si susseguono senza sosta. Nessuno, soprattutto, fa una fila per poi far passare gli altri arrivati dopo. Mi spiega perché sta facendo tutto questo?”
Il signore, senza perdere il suo consueto sorriso, inizia la spiegazione. “Vede Dottore, io non ho nessuna moglie a casa che sta cercando la mia cartella clinica. E fortunatamente, al momento, non ho nemmeno particolari disturbi. Però, vede, io per quaranta anni ho lavorato come impiegato in un ufficio postale e nella maggior parte dei casi, le persone in fila arrivavano stremate al loro turno e a malapena dicevano quale fosse l’operazione di cui avevano bisogno. Molti facevano i furbi saltando le file con le motivazioni più assurde, scatenando sempre discussioni accese e aspri diverbi tra i presenti. Di fatto, nessuno aveva ed ha piacere a spendere il proprio tempo facendo file lunghissime. E’ una delle cose più odiate dalle persone. Ebbene caro Dottore, io sono in pensione da diversi anni e dopo aver passato decenni a curare ansia, stress, dolori addominali, cefalee e altri sintomi poco piacevoli, ho capito quale cura mi serve per stare bene: far passare le persone davanti a me nelle file”.
Il Dottore rimane ovviamente sbigottito ed incredulo davanti a tale affermazione, chiedendo al signore di spiegare meglio. “Proprio così, Dottore. Ogni giorno vado nei posti dove si fanno le file: ambulatori, uffici postali, uffici comunali, supermercati, insomma dovunque ci siano persone in attesa del proprio turno. Ogni volta che concedo alle persone di prendere il mio posto, loro ti sorridono, ti ringraziano, si sentono sollevate, anche se solo per un istante, perché hanno guadagnato del tempo. Tempo che ovviamente non utilizzeranno mai per cose davvero importanti, perché altrimenti anche le attese potrebbero passarle leggendo un libro o chiacchierando con le altre persone in fila, piuttosto che girare senza meta sulle varie schermate offerte da cellulari e facebook vari. Quindi loro stanno meglio, anche se per qualche secondo, ed io in cambio ricevo centinaia e centinaia di sorrisi e ringraziamenti che non ho mai avuto nella mia vita, nemmeno quando cercavo di svolgere il mio lavoro nel migliore dei modi. Caro Dottore, da quando concedo alle persone di prendere il mio posto nelle file, io non ho più mal di testa, non soffro più di stress e vado sempre a dormire sereno. La ragione è proprio questa, Dottore: io continuo a fare la fila nel suo ambulatorio per non dover venire più da lei!”