Joele
Joele aveva scarpe pesanti, da quando era nato e sino a quel momento il suo piede era protetto da uno di quei modelli di calzatura che ti blocca la caviglia su fino al ginocchio
Anche se con il tempo aveva imparato ad essere più o meno agile, quella sua impalcatura articolare lo rendeva pesante anche nel pensiero.
Aveva ben chiaro, però, cosa fosse per lui la leggerezza.
E le scarpe di Silvia poggiate sul prato ne rafforzavano l’idea.
Le scarpe si lei a filo d’erba un po inumidite dall’acqua dolce definivano un rapporto diverso con la nudità, con il pudore.
Dal canto suo Silvia non era imbarazzata dalla nudità dei suoi piedi
Le piante toccavo il verde fresco del prato senza preoccuparsi di bagnarsi o altro.
Rincorreva un meticcio lungo la riva del lago e questa leggerezza per Joele era quasi un atto eroico.
Quella mattina Joele era solo, cioè solo con Silvia. Gli altri erano rimasti in villa.
Il clima era piacevole e al tatto l’erba lo incuriosiva.
Rimase qualche minuto a pensare e curandosi che Silvia non lo vedesse iniziò ad armeggiare con le sue scarpe… qualche vite andava allentata.
Dopo un quarto d’ora di tentativi sentí l’ultimo “clang” e l’impalcatura che lo sorreggeva si sparse a terra vicino le sue gambe.
Silvia non si era accorta di nulla.
Joele sorrise. Poi provò lentamente a mettersi in piedi.
Silvia era ancora distratta.
Con molta lentezza ci riuscì, era a piedi nudi sul prato e in posizione quasi eretta.
Dalla riva arriva alle orecchie di Silvia un grido misto al riso e subito dopo un tonfo sordo.
Silvia pur non vedendolo capisce al volo e inizia a correre verso Joele.
Al suo arrivo trova Joele senza le sue scarpe contorte, i suoi piedi toccano il prato come la sua faccia.
Silvia si getta immediatamente su di lui per rialzarlo ma viene frenata da una risata fragorosa.
Joele faccia a terra ride, il pudore di stare “nudo” non esiste più le sue risa sono eclatanti e coinvolgenti.
Restano a terra per più di un istante.
I due ridevano, senza un vero motivo, erano diventati l’attrazione del lago, erano belli.
Erano la cosa più bella che quello spazio avesse mai sentito. Erano spudorati.
Foto di Elena Mevola