Il triste caso del topo Scipione
L’allarme scattò intorno alle otto del mattino. Non ci volle molto a capire cosa fosse successo. Certo, non era mai successo prima, ma qualcuno riferì di aver avuto dei presentimenti. Quando il commissario Topolon arrivò sul posto, si trovò di fronte una scena da film. Gente che urlava, turisti curiosi pronti a riprendere ogni particolare con i loro smartphone e i suoi uomini confusi e spaesati. Il commissario capì subito cosa sarebbe stato meglio fare: convocare il nucleo specializzato e ricostruire la scena del delitto. Non c’era molto altro da fare. La vittima non aveva documenti e la testa schiacciata da un pannello del controsoffitto non consentiva un riconoscimento immediato.
Ci mancava solo questa: non solo un delitto su cui indagare ma anche una vittima senza identità. E con il questore in ferie per finire! C’era da andare al manicomio. Come se non bastasse arrivarono le troupe televisive e le giornaliste tutte lì a squittirgli intorno. Anni prima le avrebbe prese in considerazione, molto seriamente anche, ma adesso, ad un passo dalla pensione, a Topolon non importava più niente del Mouse post oppure del Rat gazette. A Topolon importava solo risolvere il caso e capire chi e come avesse ucciso quel povero disgraziato. Se non fosse successo lì nell’anfiteatro topinico non si sarebbe preoccupato tanto, ma quello era il monumento più visitato al mondo e proprio lì era avvenuto uno dei delitti più efferati degli ultimi cinquant’anni.
Il commissario chiamò a rapporto il detective Nutria e gli chiese una ricostruzione precisa della scena del crimine. Il detective non se lo fece ripetere due volte e raccontò del macabro rinvenimento e del corpo abbandonato sul tetto notato da uno dei dipendenti perché il sangue della vittima gli era gocciato in testa. Non c’era di che essere felici. Il caso era intricato. Non c’era un movente e ancora non c’era un nome per la vittima. E anche l’arma del delitto era incerta da definire. Il primo indiziato fu Catking un noto pregiudicato della zona, famoso per essere un balordo e un attaccabrighe. In più era il solo ad avere accesso all’area dopo l’orario di chiusura. Catking si avvalse della facoltà di non rispondere e chiese l’avvocato.
Nel frattempo arrivò il referto del medico legale: la morte era sopraggiunta tra le sette e le otto per una profonda ferita alla giugulare. Una morte lenta e inesorabile. Le ricerche del detective Nutria consentirono di identificare la vittima: era Scipione il topo. Un personaggio noto nella microcriminalità che spesso faceva da informatore. Topolon lo conosceva bene. Avrebbe versato qualche lacrima se il questore non l’avesse chiamato per mettergli fretta. Le indagini dovevano andare avanti. Glielo doveva a Scipione. Lo avrebbe pianto dopo, a caso risolto. I titoli dei giornali della sera furono sensazionalistici. Gridavano al degrado e al terrore in centro. Non c’era da stare tranquilli. Topolon questo lo sapeva.
Interrogò tutti, anche il commendatore De Sorcinis che gestiva la struttura, ma niente. Le indagini finirono in un tunnel senza uscita. Il commissario si sentì in trappola. Decise di analizzare la scena del crimine e di rivedere ogni dettaglio dell’autopsia. La risposta non poteva che essere lì. Mentre rivedeva i fascicoli ripensò a Scipione e si ricordò che aveva quel viziaccio di entrare a scrocco. Non gli piaceva pagare, meno che mai i biglietti. Fu un istante, un’illuminazione! Il delitto era avvenuto pochi minuti prima delle otto. Il bigliettaio. Lo cercò, lo trovò, lo interrogò. Sorcineri il bigliettaio capitolò dopo poco. Digrignò i denti confessando: “Sì, sono stato io! Li ucciderei tutti questi furbastri maledetti! Tutti li ammazzerei!”. Topolon attese impassibile che il detective Nutria stringesse le manette ai polsi del colpevole. Era ormai buio. Andando via notò lo sguardo di Catking. Gli sembrò di vedervi una lacrima. Passandogli vicino Topolon gli disse: “Era un povero diavolo. Un topastro, ma si faceva voler bene”. Catking scomparve con un balzo felino. Il commissario non riuscì ad andare a casa subito, si fermò a bere una birra alla salute di Scipione il topo che aveva quel maledetto vizio di non pagare il biglietto.