Il rapitore scaltro e Ludovica
Restare seduta appena pochi minuti nella veranda posta all’ombra del suo piccolo giardino era il massimo del relax per Ludovica. La vita scorreva così velocemente che lei non era riuscita neppure a rendersi conto del tempo trascorso a sognare di vivere in una tenuta in aperta campagna. Eppure gli impegni erano sempre più pesanti e devastanti nei tre negozi che gestiva ormai brillantemente da anni. Appena riusciva ad accomodarsi in quel salottino curato, all’aperto tra la vegetazione bellissima e rigogliosa, la mente sembrava spegnersi sulla vita di tutti i giorni e accendersi sulle bellezze naturali e semplici. Ludovica non si occupava più da tempo della manutenzione del verde in giardino, né delle faccende domestiche. Aveva assunto del personale che curava in maniera precisa tutta la villa.
Viveva da sola e la separazione dal marito ormai era un vecchio ricordo, privo di rancori e di linfa. Meno di un anno di matrimonio, poi lui era sparito senza lasciare tracce. Ludovica non aveva più frequentato uomini e respingeva ogni possibilità di trovare un nuovo amore. Si era dedicata anima e corpo al lavoro e poi finalmente all’acquisto di una tenuta nelle campagne pugliesi. Non aveva altri interessi, se non sedersi anche pochi minuti al giorno nella pace del suo giardino. Anche d’inverno. Pochi rapporti con i pochi parenti, limitati a una volta l’anno. Seppure. Nessuna amicizia irrinunciabile.
Una sera, Ludovica, stanca per la giornata più faticosa del solito, mentre rientrava, trovò lungo il viale che portava alla sua villa un’auto parcheggiata e due uomini. “Buonasera, cosa succede?” Chiese.
Appena il tempo di terminare la domanda e fu colpita da un pugno. Ludovica perse i sensi e fu caricata nella macchina in tutta fretta. Si riprese dopo qualche ora. Era in una stanza con un uomo che la osservava. “Ma chi siete? Cosa è successo? Che volete da me?”. Urlava con tutte le sue forze, lei. “Stia serena signora, la sua vacanza qui non durerà molto. Appena avremo il riscatto, tornerà a casa” le spiegò quell’uomo con calma e sicurezza. “Ma cosa significa? Chi siete?” gridò Ludovica con gli occhi che iniziavano a riempirsi di lacrime. L’uomo si alzò e comodamente lasciò la stanza. Ludovica non riuscì a dormire e la notte fu dura a passare. La stanza era ben arredata, il letto comodo e un bagno molto grande e pulito.
C’era della biancheria e un cesto di saponi profumati. Le prime luci dell’alba erano ormai visibili e Ludovica sentì la porta aprirsi. Si voltò e senza riuscire a parlare fissò l’uomo che entrava delicatamente con un vassoio colmo di dolci e una tazza di caffè. “Andrea?!” esclamò lei, “Cosa ci fai qui?”. Era il suo dipendente di fiducia, l’unico di cui si fidava ciecamente e al quale aveva affidato ruoli di dirigenza per le sue attività. Colui che conosceva ogni dettaglio economico dei bilanci dei negozi. “Ludovica buongiorno! Dormito bene stanotte? Stai tranquilla quando avrò il riscatto dai tuoi familiari, me ne andrò via e non mi vedrai più. Un milione di euro non è poi una cifra poco ragionevole.
E ti sconsiglio di denunciarmi….i tuoi meravigliosi negozi… pensa se improvvisamente venissero travolti dalle fiamme…”. Sghignazzava Andrea, mentre Ludovica impallidiva.
Poi trovò la forza di reagire. “Sei proprio uno sciocco”. Gli urlò contro “Non ti sei neppure reso conto che io non ho più una famiglia e le mie uniche due cugine sono ricoverate in una struttura psichiatrica. E ora vediamo quale numero di telefono vuoi? Quello del direttore della mia banca…? E ora se non è troppo disturbo, aprimi quella porta e fammi riportare a casa dal tuo amico. Se avevi bisogno di soldi, bastava dirmelo, te li avrei prestati”. Infine in un impeto improvviso e incontrollabile lo colpì con tutte le sue forze. Andrea cadde sul letto completamente stordito. Ludovica tirò a sé la porta. Era aperta. Con un balzo velocissimo scese le due rampe. Non c’era nessuno. Si ritrovò in strada, libera. Entrò in un bar e chiese aiuto.