Il murale di Esperia

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di Bruno Di Placido

Esperia (FR), Ottobre 1943 – Maggio 1944, Medaglia d’oro al Merito Civile.
Motivo del conferimento: “Piccolo Comune con pochissime migliaia di abitanti, occupato per la posizione strategicamente favorevole dall’esercito tedesco impegnato a difesa della linea “Gustav”, fu obiettivo di ripetuti e selvaggi bombardamenti che provocarono numerosissime vittime civili e la quasi totale distruzione dell’abitato.

Con l’arrivo degli alleati il paese subì, poi, una serie impressionante di furti, omicidi e saccheggi e dovette registrare più di settecento atti di efferata violenza su donne, ragazze e bambini da parte delle truppe marocchine. Ammirevole esempio di spirito di sacrificio e elette virtù civiche”.
È scritto su internet, facile accedervi. Questa è storia, il resto è emozione.

C’è lì, alla Badia per l’esattezza, un muro come ce ne sono tanti nelle piccole piazze del nostro paese. E se potesse parlare quante ne racconterebbe…. Avrà ragionato così l’amministrazione comunale del posto quando ha incaricato il nostro Orazio di rendere vivo questo angolo di paese. E l’artista è riuscito nell’intento, ha fatto parlare il muro. Noi di Cassino siamo andati ad ammirare l’amico nostro che sotto il solleone, tra rivoli di sudore, pennellate di colore e qualche birra insieme, ha reso universale la sua opera. Inevitabile che tale sensibilità e maestria sia toccata a una persona capace di dare un senso alla sua vita e donare emozioni agli altri.

E mentre lo osservo compiaciuto, mi chiedo cosa possa fare una brava persona di fronte alla mattanza. So che non saranno mai un secchio di vernice e un pennello ad addolcire il cuore di pietra di fratelli che non conoscono l’amore, ma da qualche parte bisogna cominciare. Quel secchio di vernice diventa allora arte nel momento in cui viene riconosciuta. Un murale semplice e profondo: una scena di vita quotidiana che possa durare in eterno, un muro di pietra più vero di quello vero, un campo di grano giallo come il sole, la mietitura a cui partecipano tutti, uomini e donne, Montecassino e la Rocca Janula sullo sfondo e gli animali a fare da contorno.

Da Cassino a Esperia. Non è difficile scoprire cosa hanno in comune i due paesi.
La guerra di cui si è parlato tanto, anche a sproposito. Un territorio, quello del cassinate e dintorni, teatro di strepitose operazioni belliche. E poi la pace, che noi preferiamo, anche perché sarebbe difficile dipingere sotto le bombe. Una pace che sembra a portata di mano ma spesso è fuggente. E l’arte ce la rende più vicina ed è per questo che l’arte andrebbe riconosciuta e premiata. Sosteniamo la speranza e evidenziamo la grande differenza tra un murale e le marocchinate, sapendo che queste ultime non rientreranno mai tra le opere d’arte. Magari proveranno a farci credere che la storia sia andata in modo diverso, ma mai avremo alcun dubbio nel riconoscerci nei colori del cielo e del mare, nel giallo dei nostri campi, tra suoni di trattori e cinguettii di uccelli che cantano la libertà, nel sorriso di un papà che torna a casa ad abbracciare il suo piccolo dopo una dura giornata nei campi. Conosciamo la differenza tra un campo di patate e uno di bombe, tra una rete ornamentale da recinzione e un filo spinato. Noi guardiamo con il cuore e il cuore sa, perché è custode della memoria. Che osservino i ragazzi il murale, che lo custodiscano gelosamente e lo preservino dallo scempio. Ammirino di cosa è capace un uomo sereno e quanta bellezza vive nel Creato. Rispettino il suolo e ricordino che le comodità di oggi sono frutto anche delle fatiche di ieri. E mentre la vita scorre, resti il murale a ricordare che qui è passato uno che sapeva amare, qualcuno che non poteva stare solo.
Il murale di Esperia sa tanto di Esperia perché sa tanto di Cassino. Sa tanto di noi perché siamo figli dello stesso cielo e beviamo alla stessa fonte. Calchiamo le orme dei nostri avi e coloriamo un muro di pietra un tempo imbrattato dal sangue dei nostri nonni che si sono battuti per consegnarci un mondo migliore.

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