25 aprile 1945, il significato della Liberazione nel ricordo di nonna Maria Tutti gli anni leggeva l'ultima lettera di Renato Magi, partigiano di Radicofani, fucilato dai nazisti
di redazione
Il 25 aprile è la festa della Liberazione. Un giorno di festa nazionale, le scuole sono chiuse, così come le fabbriche e gli uffici. I negozi quelli no, sono quasi tutti aperti.
Come spiegare perché è un giorno di festa nazionale? Dopo tanti anni da quel 25 aprile 1945 cosa resta nella memoria della gente? Cosa significa per le persone, ha ancora un valore? Ogni anno sembra affievolirsi quella linea di confine dove si affollano ricordi, racconti, memorie. A quella data simbolica sono legati molti dei fondamenti della storia italiana contemporanea, eppure, i ricordi appaiono sempre più come fantasmi.
Perché celebrare una ricorrenza come questa, così profondamente laica? La risposta più semplice e limpida l’abbiamo trovata a Radicofani, nella Val d’Orcia. Seduti sotto la pergola sorseggiando un bicchiere di Adone d’Orcia abbiamo ritrovato il significato nella storia di nonna Maria.
Nonna Maria ha lavorato per molto tempo nel bar La Stella e tutti gli anni, la mattina del 25 aprile, davanti agli avventori del locale tirava fuori una lettera che custodiva gelosamente, perché era stata scritta dal suo fidanzato, e ne leggeva il contenuto ad alta voce:
“Cara Mamma,
Oggi 17 alle ore 7 fucilati innocenti. La mia salma si trova di qua dalla scuola cantoniera dove sta Albegno, di qua dal ponte. Potete venire subito a prendermi.
Mi sono tanto raccomandato, ma è stato impossibile intenerire questi cuori. Mammina, pregate per me, dite ai miei fratelli che siano buoni, che io sono innocente. Mentre scrivo ho il cuore secco, mamma e babbino cari venite subito a prendermi.
Dite alla mia cara Maria che sia buona, che io le ho voluto tanto bene e che si ricordi di me. Abbiamo dieci minuti di tempo ancora.
Bacia tutti per sempre. Sono il primo. L’anello datelo alla mia Maria, che lo tenga per ricordo”.
Il suo fidanzato si chiamava Renato Magi, era un partigiano radicofanese e aveva solo 18 anni quando venne fucilato dai nazisti.