I mostri marini
Le onde sembrano spine dorsali di mostri marini, arrivano sotto il pelo dell’acqua, si avvicinano e io resto in piedi a guardare il mare che si agita. Le spine dorsali fluttuanti increspano la superficie, tormentano l’acqua che ormai sembra onice. Lievi venature di madreperla in una infinita distesa nerastra.
È buio, la notte ha coperto la sabbia, le dune, gli scogli. Ha sommerso anche il mare. Tutta la costa, nel tratto che posso vedere, è intessuta di piccole luci che illuminano a stento la distesa immensa del mare scossa da terribili mostri marini dei quali si immaginano solo le spine dorsali.
“Spegni la luce, dobbiamo andare”. È la voce di mia madre che torna a chiamarmi. Scendo dalla sedia e la cerco nella casa davanti al mare. La vedo di spalle mentre armeggia con delle pentole in cucina. “Perché dobbiamo partire di notte?”, le chiedo. Lei non si volta, non mi risponde nemmeno. Dopo qualche minuto la sua voce dice: “Sei pronta?”. È ora di andare? Le chiedo. Vedo la sua nuca fare un movimento regolare dall’alto verso il basso che vuole essere un sì. Vorrei obiettare che è pericoloso, che fuori ci sono i mostri marini. Poi sento un grido. È mia madre. La cerco e la trovo semidistesa in fondo alle scale davanti all’ingresso.
“Mamma! Mamma!”, le grido andandole incontro. Sembra svenuta. Sul muro poco distante da lei c’è un minuscolo geco trasparente. “Mamma”, le sussurro accarezzandola. Lei mi guarda e mi dice: “Vai fuori, ho bisogno di aiuto. Penso di essermi rotta la gamba. Annuisco, apro la porta e inizio ad urlare. Si apre una porta, riconosco la signora con i capelli grigi. Velocemente le dico di mia madre, lei entra in casa, telefona. “Aspettiamo l’ambulanza”. Mi stringo con le braccia e guardo il mare. Per stasera non partiremo.