Ho perso la penna, la mia preferita
di Claudio Caramadre
La penna venne spinta per sbaglio fuori il confine verde del banco, nell’immensità dello spazio, e sembrò volteggiare libera per un attimo. La spilla che le permetteva di essere apposta a giacche e pagine scintillò alla luce del sole che entrava dalle grandi finestre sporche, opache piene di dita dimenticate. Una mano scattò per afferrarla e negarle il volo. Un gesto rapido, che però mancò la figura oblunga che ormai già discendeva verso il pavimento di finto marmo. Fu il tempo d’un fiato, il tempo d’una inspirazione. Poi, la penna, fece compagnia alla polvere roteando un poco.
«Allora Michele?»
La figura severa con gli occhiali spessi, seduta dietro una vecchia cattedra posta su un piccolo rialzo apostrofò il ragazzo con fare arrabbiato.
«Eh…», rispose il giovane tirando su la schiena che già aveva tentato di spingersi verso la penna caduta a terra.
«Rispondiamo alla domanda oppure mettiamo un bel quattro?»
«No, no, rispondo…com’era?»
«Chi era Platone? Una domanda così scema non l’ho mai fatta.»
«Un filosofo!»
«E basta? Da dove veniva? Cosa scrisse? Qual è la sua importanza? Forza, parlami di Platone.»
Le domande caddero a pioggia, stancamente urtando i nervi del giovane. Non si poteva certo dire che il professore fosse più entusiasta di lui.
«Un filosofo greco che scrisse diverse opere tra cui quelle con Socrate come protagonista. Dialoghi eccetera…»
«Eccetera?»
«Eh sì ne ha scritte molte, diciamo però che le più importanti sono quelle in cui Socrate è protagonista come…la Poetica!»
«Quello è Aristotele… Andiamo avanti va’, parlami di questo filosofo che hai nominato: Socrate.»
«Socrate fu il maestro di Platone ed è considerato un sofista cioè un filosofo che mette in discussione credenze e certezze tramite il dialogo e il confronto orale.»
«Possiamo essere certi della sua esistenza?»
«No, non possiamo, perché Platone è l’unico a parlarci di lui direttamente visto che Socrate non scrisse mai nulla.»
«Ecco discutiamo di questo: per qual motivo Socrate scelse di non scrivere?»
«Eh… perché pensava che la scrittura fosse nemica delle parole. La scrittura le fissa e le rende inalterabili per l’eternità e la natura sofistica di Socrate gli impediva di scrivere poiché il suo obbiettivo era rendere incerto tutto quel che era certo.»
«Va bene, questo è quello che dice il libro; tu invece, che idea ti sei fatto di Socrate? Per te è esistito o è un’invenzione di Platone?»
«Secondo me è esistito ma ha fatto una scelta e ha tenuto fede a quella decisione. Strano ma plausibile.»
Forse Michele ce l’aveva fatta. Le domande a bruciapelo del professore di filosofia lo avevano spiazzato solo all’inizio, poi aveva ricordato quattro stupidaggini ricavate dalle spiegazioni e dall’apertura maldestra del libro. La penna restava lì dov’era e nessuno dei due, studente e professore, muoveva un muscolo. Il silenzio durò qualche interminabile secondo, non più di tre o quattro comunque. Qualche compagno si girò verso l’ultimo banco ad osservare il compagno che se ne restava immobile e dritto sulla sedia con le spalle attaccate allo schienale. L’aria era calda e viziata. Nonostante l’inverno fosse ormai alle porte, all’interno dello stabile faceva talmente caldo da muovere qualche gocciolina sulla fronte degli studenti più animosi durante la ricreazione.
«Ultima domanda: perché allora, secondo te, Socrate non scrive nulla? Quali sono le ragioni filosofiche di tale scelta?»
Bastava dare un’opinione, una domanda facile.
«Non so. Non deve per forza esserci una ragione per tutto. Magari non voleva scrivere o magari non sapeva scrivere. Addirittura può essere che il giorno in cui si mise in testa di scrivere qualcosa avesse perso la sua unica penna. Quella preferita. Sì ecco: aveva perso la penna!»
Ancora una volta calò il silenzio, intervallato da qualche sbadiglio o risata a denti stretti.
«Come te insomma», disse in tono sarcastico il professore.
«Va bene Michele mi basta, probabilmente hai studiato o sei stato attento alle lezioni, però il voto non te lo metto.»
«E perché?»
«Sono come Socrate, ho deciso di non scrivere nulla.»
«Ma non è giusto! Ha scritto le presenze poco fa…»
«Giusto! Allora ho perso la penna Michele, la mia preferita.»
«Ma è lì, sulla cattedra, si vede anche da qui!»
«Che vuoi che ti dica? Non dev’esserci per forza una ragione per tutto. E magari proprio per questo ce n’è una…»