Esterina e l’uomo della notte
di Stefania Di Zazzo
Dovete sapere che Caterina si ammalava spesso, anzi spessissimo.
Febbrone da cavallo?
Macché. Bastavano due misere lineette di febbre che la mamma la infagottava nel suo lettino, col termometro sempre sotto il braccio!
Che noia, poverina. Sentiva gravitare, nel resto della casa, tutta la famiglia, ma lei doveva restare nel lettino.
Questa triste condizione di bimba malata, però, aveva un suo piccolo vantaggio. Sapeva, infatti, che prima o poi sarebbe spuntato l’uomo della notte.
L’uomo della notte era alto, altissimo, molto magro. Aveva folti capelli neri e corti a circondare una fronte molto ampia, sotto la quale scendeva un viso magro e gentile. I suoi occhi erano buoni, la voce calma, e le sue mani, lunghe e nodose, facevano delle speciali magie.
Era un dottore, ma per Caterina era chiaramente un eroe: mai e poi mai, in tutta la sua vita, le aveva prescritto una puntura. Mai.
Il resto della famiglia invece non aveva lo stesso privilegio: molte volte aveva visto fare punture alla mamma o ai fratelli più grandi per farli guarire.
Si fidava ciecamente di lui.
Quando entrava dalla porta della sua camera, sembrava fosse un principe, no anzi un cavaliere, ma no, che dico di più: un aeroplano!
Si, proprio un aeroplano, che toccava quasi sotto lo stipite della porta e in più portava con sé la sua fedele nuvoletta!
Esterina era la sua infermiera.
Al contrario di lui, era bassina, ed i suoi capelli corti erano di un bel bianco candido e luminoso, proprio come una nuvola. Aveva un viso dagli zigomi sporgenti e gli occhi, quasi sempre socchiusi: erano lì a ricordare a Caterina che era una bimba simpatica e graziosa, meritevole cioè di grandi sorrisi affettuosi.
Molto tardi, quando l’uomo della notte arrivava, atterrava sempre con eleganza accanto al letto di Caterina, e sempre insieme alla sua inseparabile nuvola.
Esterina gli porgeva una borsa misteriosa, e da quel momento iniziavano le magie: lampadine che si accendevano e si spegnevano al soffio della bimba, e penne magiche che, all’istante, mettevano a disposizione il loro pennino subito dopo che l’uomo della notte glielo avesse chiesto.
La mamma di Caterina offriva loro qualcosa da bere in bicchieri lunghi e sottili, e la bambina era assolutamente certa che ogni bicchiere dovesse somigliare all’ospite cui venisse offerto. Esterina infatti, essendo bassina, non beveva mai.
Quando l’uomo della notte aveva finito di sorseggiare, la grande borsa era stata già chiusa, ed un immancabile piccolo bacio sulla fronte, annunciava che la visita era finita, e che presto, la bimba si sarebbe addormentata.
Caterina attendeva con ansia il giorno nuovo, giacché sapeva che le era stata scritta la ricetta della pozione magica che avrebbe tolto ogni malanno.
Volete sapere come finì la storia dell’uomo aeroplano che atterra solo di notte insieme alla sua inseparabile nuvola?
Ebbene sappiate che Caterina crebbe e, ben presto, le punture toccarono anche a lei.
L’uomo della notte le raccontò una storia che narrava di tanti minuscoli soldatini con tanto di spada, lancia e piccoli elmetti, che attraverso quell’ago sottile, entravano nel suo corpicino a combattere e distruggere tutti i microbi malvagi che lo avevano aggredito.
Esterina aveva una manina minuta e leggera, e si sa: in mano ad una nuvola una puntura non può incutere timore.
Caterina quindi era lì, fiduciosa ad aspettare il momento in cui l’ago le avrebbe regalato un esercito di super eroi, ma quel momento arrivava regolarmente senza che lei se ne accorgesse.
Era salva!
Le punture non le facevano più paura.