Connessioni (sedendo a guardare a Domus mater)

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Luna, il gorgoglio leggero dell’acqua di una fontana, albero, maglia rossa, strisce pedonali, rombo di motori, giallo di luci, andamento lento e ricurvo dei pensieri. Ape celeste, scooter blu, incrocio di volti che camminano piano, teste in su, teste in giù, melodia scrosciante e assordante, utilitaria bianca, utilitaria rossa, ancora utilitarie! Due visini saltellanti e giocosi nei loro abiti come ciuffi vaporosi, coppia di anziani lungo la discesa; buio nel vicolo di fronte, visione spezzata e grigia come una tela impolverata e abbandonata. L’Ape celeste riappare e ronza isterica al calar del sole e d’improvviso le luci dei lampioni a Domus mater si accendono proiettando la mia figura, al centro di una connessione inaspettata.

Stefano come farà ritorno a casa stasera? Mio fratello andrà a prenderlo?

Ade sarà in giro con l’artista neozelandese?

E Remy avrà ancora il suo dolce sguardo perso tra le opere in mostra?

E Giannino sarà già qui? Lui impugna le chiavi di Domus mater come armi di difesa contro di noi che abbiamo profanato il “suo” santuario dell’Arte con opere informali e spontanee.

Silenzio incontrollabile si apre a un vociare lontano su note di acqua che si stemperano con l’avanzare di passi insistenti.

Puzza comprimente converge dritta a un pensiero arido che s’insinua in stanze vuote, come la presunzione narcisistica degli accademici presenti oggi a Domus mater falsi e vuoti come le loro convenzioni di merda!

La voce squillante di Mara, l’artista beneventana, riecheggia scuotendo ogni pietra e albero assonnati da tanto caldo in questa estate acerba di eccessi.

Mara è al telefono. La sua conversazione si propaga come deodorante spray; il tono adoperato è un elemento di disturbo per chi arriva indifeso e per chi ne esce satollo.

Una mostra collettiva… per soli amici, come il solito, ma la gente comune dov’è? Perché diserta questi eventi?

Occhi di lampioni: i saluti e baci dei pochi convenuti vanno e vengono, mentre la mia mano sul grembo tocca braccia che si aprono in discussioni colorite, poi si sofferma di scatto.

Stefano… sono preoccupata per lui.

Parole verdi di foglie, acqua di voci e luna di marmo. Non sento più parlare, sarò rimasta sola?

Mi scruto intorno, alzo lo sguardo. Che albero sarà questo che ho dinanzi? Ombrello di ore, dolce compagno di emozioni!

Abbraccio la mia pelle d’oca. Dormire per non rifrangersi come un’onda premuta da un’onda.

Passi di voci umide di baci, cappello di paglia si china riverente su ragazza formosa, schiavo di sogni brucianti e velenose dolcezze. Beata gioventù!

Sento freddo, devo alzarmi da questa panchina e tornare dentro!

Cane saltellante, padrone al guinzaglio, cane che osserva cane saltellante; coppia che si sbaciucchia ha ripreso il cammino, portone con scanalature, gatto che miagola, dita di penna nera…

Ade sa che sono qui o se ne andrà con Remy senza di me?

Ecco Giannino, efebo in bianche vesti. Sbadiglia!

E’ ora di chiudere la mostra, mi devo alzare! Stefano sarà ritornato a casa?

Giannino urla al cellulare: “ Va bene, non voglio più sentirti, ciao! Hai capito? Non voglio più sentirti! Così non si chiarisce niente. Tu pensi solo a te stessa. Basta Alba! E va be’ facciamo così, non ci vediamo più!”

Stronzo lui o stronza lei? Non lo so e non voglio più ascoltare. Rientro a cercare Ade e Remy!

Foto di Manolo Franco da Pixabay

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