Buonasera, Temistocle!
Non gli è mai piaciuto guidare. Getta lo sguardo nello specchietto retrovisore, poi ingrana la retromarcia. Maledetto parcheggio tra due auto! Spegne velocemente il motore e, mentre pensa che sia in ritardo, Temistocle guarda sua moglie Marta, scesa qualche secondo prima dall’auto, ora davanti a lui, ben illuminata dai fari; infreddolita, stringe tra le mani la borsetta argentata, accanto a un albero deciduo. Certo che è bella, sua moglie. Dopo ventisette anni di matrimonio, ancora non sa come abbia fatto a scegliere lui: stempiato già all’epoca, in sovrappeso, con poca voglia di uscire, di divertirsi. Eppure, lo ha sposato.
Scende dall’auto e il gelo gli infreddolisce le gote. Tra pochi giorni è Natale, il freddo è normale.
– Tesoro, non hai parcheggiato proprio bene.
Marta gli si avvicina, con sguardo dolce. Temistocle agita una mano, con gli angoli della bocca contratti in giù.
– Che vuoi che sia, Marta. Ora entriamo, perché sto congelando e ci staranno aspettando. Ti ho mai detto che i miei colleghi sono mangioni? Saranno nervosi, in attesa che arriviamo per poter iniziare a spazzolare tutto.
La donna sorride e scuote il capo. Dopo pranzo, Temistocle è corso in camera, ha spalancato le ante dell’armadio e ha tirato fuori di tutto: camicie, cravatte, giacche, papillon, gemelli; il letto era diventato una bancarella di mercato.
– Temistocle, caro, è solo una cena tra colleghi, mica un matrimonio. Vai casual!
Lui aveva inarcato le sopracciglia, sgranato gli occhi e, come se Marta avesse detto il peggior abominio mai pronunciato, aveva preso due cravatte differenti e gliele aveva sventolate davanti.
– Vedi, queste? Devo sceglierne una. Sai quanto io tenga a fare bella figura. È la mia prima cena con loro. Sono anni e anni che lavoriamo assieme e soltanto quest’anno siamo riusciti ad organizzarci. Devo essere impeccabile, ci sarà anche il Direttore! Marta aveva visto i suoi occhi brillare d’eccitazione e gli aveva dato un bacio a fior di labbra per la tenerezza che provava, dicendogli che anche lei avrebbe dovuto vestirsi in un certo modo, altrimenti che coppia sarebbero stata?
– Quanto sei cara, Marta! No, è qui che ti sbagli: tu sei perfetta, qualunque cosa indossi. Io invece devo fare più attenzione a coprire questa maledetta pancia! – Temistocle si era messo davanti al grande specchio di profilo e toccava, deluso, la sua prominenza. – Dopo Natale, dieta ferrea!
Marta aveva riso, perché ogni anno, prima delle festività, Temistocle diceva questa frase. Lei lo asseconda, perché sa che le sue intenzioni sono buone, ma la voglia di realizzarle è pari a zero.
Ed ora eccoli qui: lei calma, solare, minuta e delicata; lui agitato, paonazzo, con il fiato corto e la voce spezzata. Entrano lentamente, si guardano a destra e a manca quando, improvvisamente, Temistocle individua il tavolo dei colleghi, con il Direttore – proprio come aveva immaginato – a capotavola. Prende Marta per mano e, mentre il rossore al viso si fa più intenso, raggiunge i suoi colleghi.
– Buonasera a tutti.De Paolis, Càroli e Simonetti stanno parlando tra loro a voce bassa, mentre davanti a loro ci sono piatti vuoti con scarti e pietanze lasciate a metà; il Direttore lancia sguardi d’intesa a Cinzia, la sua segretaria; Giordani e Filippo Testi stanno ridendo a crepapelle con Ludovica e Lauretta. Ognuno ha un piatto sporco davanti. E nessuno deve averlo visto arrivare o deve aver sentito il suo ‘buonasera’, dato che tutti sono intenti a chiacchierare. Temistocle lancia uno sguardo imbarazzato a Marta, alza il braccio sinistro e guarda l’ora: 21:30, avrebbero anche potuto attenderlo, dato che l’appuntamento era alle 21.00. La sua maledetta indecisione! Non sapeva se mettere la cravatta bordeaux o quella salmone. Colpa della sua schifosissima insicurezza.
Si vergogna a salutare ancora. Teme che, ancora una volta, nessuno gli risponda. Ed ora, davanti a Marta, vorrebbe quasi uccidersi. No, non è affatto vero che davanti alla nostra metà della mela siamo sicuri, non ci imbarazziamo, mostriamo i nostri fallimenti senza paura. È una grande bugia. Dopo ventisette anni di matrimonio e tre di fidanzamento, Temistocle sta ancora attento a non fare brutte figure davanti a quella donna speciale che, tra tanti, lo ha scelto. Ed ora si sente umiliato e vorrebbe scomparire. Restando in silenzio, guarda il tavolo, in cerca delle due sedie che dovrebbero occupare lui e Marta. Ce n’è solo una.
– Caro, forse non ci aspettavano. Sei sicuro di aver dato la conferma al collega che ha prenotato?
Marta gli stringe la mano e, con i suoi occhi nocciola, cerca di rassicurarlo. Temistocle si giocherebbe tutto quello che ha: proprio due giorni fa, ha dato la conferma a Lauretta e l’aveva detto anche a Càroli ma ora, per non umiliarsi, deve mentirle.
– Marta, probabilmente mi sono dimenticato. È un gran peccato…
– O-ho! Spioncino! E cosa fa lì in piedi con la sua bella signora?
Il Direttore si è accorto di loro. Temistocle non riesce a crederci e subito distende le labbra in un sorriso sincero.
– Direttore, buonasera! Siamo arrivati un po’ tardi, c’era un po’ di traffico.
L’uomo ha gli occhi lucidi, gli occhiali rettangolari e, almeno da come gesticola, sembra un po’ brillo.
– Il traffico è una gran rottura di scatole, caro Spioncino!
Temistocle indica la sedia vuota a Marta e lei, lentamente, è in procinto di sedersi.
Improvvisamente, in tutta corsa, la sedia viene occupata. Come se si fosse trattato di un’auto che sta per essere rubata.
– Scusi signora, qui c’ero io. Il posto è mio.
Coletti. È Carlo Coletti, il gentiluomo. Magrissimo e naso aquilino perennemente rosso, come se avesse un’ectasia venosa tutto l’anno. Marta, con gli occhi spalancati, indietreggia, come se avesse ricevuto una spinta. Temistocle interviene e, dopo aver lanciato uno sguardo severo a Coletti, dice alla moglie che ora dirà al cameriere di prendere due sedie.
Temistocle e Marta sono in piedi imbarazzati, vicini come non mai. Se potessero, s’abbraccerebbero. Sono sotto gli occhi di tutti i clienti del ristorante. Mille occhi puntati su di loro, all’infuori degli occhi dei colleghi. Il Direttore si è limitato a salutarlo ed ora continua a chiacchierare a bassa voce con la segretaria. Nessuno, tra gli uomini di quel tavolo, si è alzato per far accomodare Marta.
Nessuno a dire un semplice: “Buonasera, Temistocle!”. E lui che aveva impiegato tante ore a decidere cosa mettersi. Lui che era arrivato in ritardo per colpa del colore della cravatta. Lui che si sentiva felice come un bambino, alla sola idea di stare una serata fuori casa. Lui che credeva che, dopo una serata a mangiare e a bere con i colleghi, il rapporto con loro potesse rafforzarsi e, perché no, diventare amicizia. Temistocle ha sempre sognato di avere un amico.
Stringe forte la mano della moglie.
– Marta. Andiamo via.
Lei lo guarda con gli occhi lucidi e aggrotta le sopracciglia.
– Ma tu ci tenevi tanto… io posso aspettare, posso…
Lui scuote il capo e le sorride.
– Ci tenevo, sì. Probabilmente, stasera, non è la compagnia che fa per noi. L’importante è capirlo, no?
Marta gli sorride. È rimasto un velo triste nei suoi occhi nocciola, ma stasera andrà via.
– Ecco le sedie, signori.
Temistocle, con serenità, guarda tutti i suoi colleghi, poi il cameriere; lo ringrazia, aspetta che se ne vada e, senza dire una parola, con la manina di Marta nella sua, lascia la sala.
– Spioncini! Non si è più accomodato?
Riconosce la voce del Direttore. Lo ignora.
– Spioncini, ecco! Il cameriere ha portato due sedie. Cosa fai? Te ne vai?
Ecco la voce di quel coglione di Coletti.
Marta scoppia a ridere.
– Cara, preparati: stasera, ci aspetta la nostra cioccolata calda e il film Natale in casa Cupiello. Al diavolo le cene di lavoro prenatalizie.
Non fanno per noi.