Il burro

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di Silvia Suto

Erano mesi che Ahmed non riusciva a dormire. La passione lo devastava e andava giorno e notte struggendosi e meditando su come ottenere la bellissima Samira. A volte catturava lo sguardo dei suoi misteriosi occhi neri che lei subito abbassava modestamente. Ogni volta che poteva osservarla, cercava segretamente di svelare le splendide curve della sua esile figura nella lunga veste impenetrabile. Immaginò la sua pelle nuda, ondeggiare sotto la stoffa sottile ed opaca. Delirava quando immaginava di togliere quella stoffa e immergeva le sue dita nella sua carne.

Ma Ahmed era sposato. Con la sorella di Samira.
Ha trovato un ragazzo disposto a tutto per soldi.
– E come faccio a riconoscerla? Con quei vestiti neri sono tutte uguali!
– Solo aspetta davanti al portone. Avrà un cesto marrone chiaro. Ogni mattino esce per fare spesa. Poi chiamami.
***
Il telefono squillò.
Ahmed salì in macchina e corse verso casa. Davanti all’alimentari intravide una folla di persone e poliziotti intorno a una figura immobile in un abito nero. Era stesa sul lastricato e la polvere inghiottiva il suo sangue. A pochi passi da lei c’era il cestino marrone rovesciato.
– L’ha investita a tutta velocità!
– Che bestia d’uomo!
– Povera ragazza, era così giovane!
Ahmed tranquillamente parcheggiò ed aprì la porta di casa. Si tolse le scarpe ed entrò in cucina.
Accanto alla stufa c’era sua moglie che lui presumeva morta.
– Ciao Ahmed …
La fissava senza poter pronunciare un suono.
– E’ successo qualcosa? Sembra come se avessi visto un fantasma. Per caso hai incontrato Samira? Non ti ricordi che l’ho invitata a pranzo? Ho finito il burro. L’ho mandata a comprarlo.
“Con quei vestiti neri sono tutte uguali,” la frase suonò nella testa di Ahmed, contemporaneamente al campanello del portone.

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