Percorsi – parte seconda

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Caterina, che vive ancora coi genitori in un paese limitrofo, si mantiene facendo la segretaria per un medico del posto, ma è diplomata alle magistrali e laureata in pedagogia. Quel bando per i maestri è in scadenza, non vuole che le sue aspirazioni vadano in fumo, e poi è piacevole unire l’utile al dilettevole trascorrendo qualche ora con loro. Così, mentre il telegiornale parla di un giudice in mano ai terroristi e del conflitto vietnamita da poco conclusosi, chiacchierano, commentando qua e là le notizie, di varie cose; ma ciò che Caterina discute con più entusiasmo è la possibilità, tra poco meno di un anno e mezzo e mettendoci tutto l’impegno del mondo, di poter insegnare.

Alice la ascolta rapita, perché è chiaro che l’insegnamento rappresenta per la zia qualcosa di più di uno stipendio per la vita prossimo venturo; piuttosto, è quello che si dice, con un parolone che ha sentito affibbiare di solito ai religiosi professionali, una “vocazione”, e le sembra di sentire parlare una versione al femminile del protagonista dello sceneggiato “Diario di un maestro”, alle prese coi problemi di una scuola della periferia romana. “Perché lo sapete anche voi che il mondo da un bel po’ d’anni a questa parte è cambiato e sta cambiando anche l’Italia. Un Paese si forma prima di tutto nella scuola e se questo Stato è quello che dice la Costituzione non può essere che già da qui si faccia ancora una selezione indiretta per classe sociale, che le cose debbano cadere dall’alto come se l’istruzione non fosse un fatto comunitario, che deve interessare tutti.

A me, per esempio, non piace nemmeno l’idea delle classi differenziali: io sarei ben felice di dare tutta me stessa per dei bambini disadattati o handicappati, ma all’atto pratico sono dei ghetti. Per fortuna, co’ ‘sti decreti delegati, pare che a Roma l’hanno capito che c’è musica nuova in cucina…” Fernando e Claudia la prendono bonariamente in giro, le dicono frasi del tipo: “Va bene compagna, però pensa prima a vincerlo ‘sto concorso!”, e le ore proseguono liete. Aiuta Alice coi compiti e più tardi guarda con lei la Tv dei Ragazzi: si fanno due risate col genio dell’innaffiatoio, che prende sempre alla lettera le richieste del povero garzone di ferramenta che lo ha liberato dopo millenni dall’insolito ricovero e che, stavolta, lo fa finire rimpicciolito in una casa di bambole, e la zia scherza sul fatto che queste alla nipote non sono mai interessate più di tanto.

“Certo, non voglio mica fare come la reclame dei colori, hai presente la ragazzina che sembra una bambola con le bambole in braccio?”, e Caterina le ricorda divertita che un paio d’anni fa si mise a piangere proprio perché i suoi le avevano regalato per il compleanno una bambola coi capelli biondi e lisci, quando lei voleva nientemeno che i colori ad olio e una tavolozza da pittore… “Per forza, non avevano rispettato le mie inclinazioni!” e Caterina un po’ ride, di fronte alla precoce e impettita presa di posizione, un po’ è compiaciuta di come, forse anche grazie a lei, Alice abbia già le idee così chiare. “Sai zia, da grande vorrei proprio fare la pittrice, e siccome mi piaceva quello che dicevi oggi a pranzo, se un giorno dipingessi davvero per mestiere sarebbe bellissimo se potessi farci qualcosa che serva ai bambini”. E poi passa una settimana, un’altra, un’altra ancora.

È un bel pomeriggio di primavera, e Alice si incammina verso casa. Stanno rifacendo i marciapiedi, e dove prima c’era una fattoria dismessa, sorge un parco ameno. Non è sola, con lei c’è una liceale che vorrebbe diventare biologa: si chiama Vera ed è sua figlia. Stanno andando a trovare i suoi, mentre il marito è ancora al lavoro nel suo studio di architetto. Ha un dejà vu, e ripensa a quella frase, rimastale impressa, della reclame dei colori: «Se le bambine di oggi diventano donne intelligenti e intraprendenti è quasi sempre merito loro, non dei loro genitori», e che, per quanto Fernando e Claudia siano stati dei buoni genitori e siano dei buoni nonni, trova che in fondo non abbiano avuto un grande ascendente nell’aver realizzato quanto desiderava: si è diplomata all’Accademia di Belle Arti, laureata in pedagogia ed è diventata, oltre che pittrice, insegnante di sostegno. Le classi differenziali non esistono più da un pezzo, e fa quello che era riuscita a fare, prima di lei, la zia. Caterina non c’è più, se ne è andata, ancora presto, un paio di anni fa.

Non si era mai sposata, ma era sempre rimasta bella e luminosa nell’animo, e ora Alice, che pur avendo marciato sulle sue gambe le deve tanto, lavora nello stesso istituto della sua infanzia dove cerca di mettere insieme, anche con l’arte, gli scolari “normali” e quelli “diversi” aiutandoli lungo il percorso. E’ un periodo caldo per l’istruzione: un sistema già in bilico vacilla contro un vento ambiguo, di sbandierata efficienza, che sembra debba soffiare via una volta per tutte quei progressi raggiunti quando Caterina si affacciava alla professione. Appare tutto nebuloso tanto a chi insegna quanto a chi studia, e in una società dalle prospettive incerte, anche le donne paiono tornare loro malgrado su vecchi, vecchi passi.

Poco fa, dando uno sguardo in direzione del parco, si è accorta di un fatto straordinario: sul prato, vicino la recinzione, è spuntato, rosso e solitario, un papavero. Non ne vedeva da almeno vent’anni! Da bambina, durante i giochi all’aperto dai nonni, erano una presenza costante. Già allora, aveva appreso come fossero un simbolo doppio di morte e rinascita – forse più di ricordo che di rinascita, ma adesso lei, testarda per natura, vuole mettere insieme ricordo e rinascita sotto il sole dell’uguaglianza, della speranza e della possibilità come fa coi bambini “normali” e quelli “diversi”, e sa, o forse si illude, che non tutto è perduto. Guarda la figlia: come tutti i ragazzi di oggi, ha l’universo in tasca e il mondo che le scivola tra le mani. La guarda con un sorriso che è malinconia ma anche fiducia, non ottusa, di qualcuno che ha ben in mente gli obiettivi della vita, e vuole impegnarsi per sé e per gli altri, insieme agli altri. I papaveri continueranno a fiorire, questa primavera.

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