Pagine di storia partigiana – Un ricordo di Nicandro Ernesto Conte (parte seconda)
Il volume, che intende appunto rendere omaggio alla memoria del Partigiano, si struttura in tre parti, strettamente correlate fra loro.
Nella prima parte Francesco De Napoli, in una approfondita presentazione, sottolinea gli ideali di giustizia, libertà e democrazia che animavano i giovani che scelsero di diventare partigiani – ed è importante ricordare che anche il padre dello stesso De Napoli: Gaetano, scelse questa strada – ideali che si sono poi trasfusi nella nostra Carta Costituzionale, che nell’idea dei Padri Costituenti volle essere anche progetto per costruire un Avvenire migliore. Francesco De Napoli si cala perfettamente nel ruolo del rievocatore della memoria e del difensore della verità sto-rica, unico modo per salvaguardare la libertà democratica tanto faticosamente conquistata dai nostri padri. De Napoli, oltre ad essere incisivo poeta e fine narratore è anche saggista, critico ed operatore culturale – ed in tale veste ha fondato l’Istituto per le Ricerche Sociali “Antonio Labriola” – suoi in-terventi sono presenti su importanti riviste letterarie. Fra i saggi dovuti all’interesse di De Napoli per la realtà locale mi preme ricordare il prezioso volume Attività Culturali nel Cassinate 1978/1995, con un’appendice di scritti e interventi sui problemi della cultura. L’opera è stata pubblicata a Cassino proprio nei Quaderni dell’Istituto per le Ricerche Sociali “Antonio Labriola” nel 1995.
Francesco De Napoli esordisce timidamente, affascinato dalla personalità di Vincenzo Grimaldi e dalla verità delle vicende storiche che egli narra: “Desidero farmi perdonare – scrive difatti – la pre-tenziosa invadenza con cui antepongo questo preambolo alle entusiasmanti e toccanti testimonianze di vita del mitico comandante Bellini” (p. 3). Come sempre, De Napoli è attento all’umana persona-lità degli uomini che incontra e che presenta nei suoi scritti: “Chi scrive ha avuto in sorte il dono d’incontrare di persona Vincenzo Grimaldi, Maestro di vita e di superiori virtù, nobile incarnazione dei sublimi ideali di libertà, giustizia e fratellanza che animarono centinaia di migliaia di donne e di uomini, protagonisti della gloriosa epopea partigiana” (p. 3).
Forte della sua formazione sociologica, De Napoli sottolinea come la lotta per la libertà, già incarnata nella Resistenza partigiana, continua nel presente e continuerà nell’avvenire in forza della nostra Carta Costituzionale: “La Resistenza non s’è affatto conclusa con la sconfitta del nazifascismo. È la nostra Costituzione, che il mondo intero ci invidia, a ricordarci e ad imporci che quelle lotte – all’epoca forzatamente militari – devono tradursi in pacifiche conquiste economiche, civili e sociali in favore dei diseredati e dei ceti più disagiati” (pp. 4-5). De Napoli non manca, poi, di sottolineare come l’Educazione civica, “materia tanto cara ai fondatori della Repubblica, è diventata oggi una bistrattata cenerentola” (p. 6). Riconosce, pertanto, il valore della testimonianza di Grimaldi: “L’aver sempre creduto fermamente nei supremi ideali di tolleranza e solidarietà (…) ha fatto sì che Bellini (…) da quei valori positivi continui a trarre sano e robusto nutrimento per impartire e diffondere salutari lezioni di vita, rivolte all’umanità intera ed in primis ai giovani. (…) Si tratta d’una irrefrena-bile passione etica e civile, che spinge Grimaldi ad esaminare, senza risparmio, frequenti situazioni di palese ingiustizia, disparità, esclusione” (p. 6). Tra questi casi d’ingiustizia rientra, per l’appunto, quello di Nicandro Ernesto Conte, Concludendo la Presentazione, De Napoli, stavolta quasi da poe-ta ispirato, ci lascia una vera e propria massima sapienziale: “La vera Storia avrà inizio quando prevarranno in termini chiari e duraturi amore, armonia e saggezza, guidate e sorrette da spirito di giustizia, uguaglianza, cultura, intelletto” (p. 11).
La seconda parte, centrale per posizione tipografica e per importanza, riporta il testo integrale della lunga e memorabile conferenza tenuta a Cassino da Vincenzo Grimaldi, giunto da Novara in com-pagnia dell’insigne partigiana Maria Airaudo. L’incontro, organizzato dal professor Pasquale Beneduce, si svolse il 31 maggio 2011 presso l’Università degli Studi della Città Martire, alla presenza di un folto numero di studenti e docenti. Nel corso dell’incontro Grimaldi raccontò come, partigiano in Piemonte col nome di Bellini, conobbe Nicandro Ernesto Conte. Grimaldi rende, in tal modo, una preziosissima testimonianza sugli avvenimenti, riscattando col suo linguaggio asciutto e cordiale non solo la memoria di Nicandro Ernesto, ma anche sottolineando il valore della storia come monito per tenere in vita gli ideali della democrazia, della pace e della libertà, che vanno coltivati e difesi so-prattutto dai giovani. Dell’intervento di Grimaldi mi piace riportare la conclusione, anche perché la trovo estremamente consona anche agli ideali di giustizia e di democrazia espressi da Francesco De Napoli. Dichiarò il Comandante Bellini:
“La libertà conquistata il 25 aprile 1945 è scaturita essenzialmente dagli ideali e dai valori umani che animarono la Resistenza: valori che sono scolpiti nella nostra meravigliosa Costituzione Re-pubblicana, nata dal movimento dei partigiani. Oggi si assiste ad una preoccupante crisi di valori, alla mancanza di sani e nobili ideali. Invero senza motivazioni ideali e senza la partecipazione dei cittadini alla vita delle istituzioni democratiche la libertà muore. (…) Libertà e Democrazia non sono beni conquistati per sempre. Ogni giorno bisogna difenderli (…). È importante mantenere e sal-vaguardare la MEMORIA STORICA, perché un popolo che non conosce la storia del proprio Paese è come un albero che sta in piedi senza radici.” (pp. 24-25).
Un monito che, purtroppo, è rimasto inascoltato nel Cassinate, soprattutto per quanto riguarda la riabilitazione di Nicandro Ernesto Conte. Passata l’euforia e terminata la “festa”, ognuno sembra rientrato nel suo guscio di pigra lumaca perbene! Sembra che nella nostra zona altri siano gli interessi prevalenti, interessi che ruotano soltanto intorno ai soldi e al benessere, al consumo e allo sballo inconcludente. Poveri partigiani dal cuore dimenticato fra i boschi e sui monti! E poi osiamo parlare di pace! Non dobbiamo dimenticare che “Pace” ha la stessa radice di “patto”, ciò significa che non è qualcosa di scontato, ma qualcosa da mantenere con fatica, impegno e costanza. È passata inosservata anche la pubblicazione della recensione del presente volume da parte del critico Alfonso Cardamone sul quotidiano ciociaro “L’Inchiesta”. Nell’articolo il libro di Grimaldi è visto come un “ri-chiamo alla necessità di dare seguito concreto a quella Giustizia che è lievito di Libertà, per cui lottarono e si immolarono tanti giovani partigiani, senza il cui sacrificio l’Italia non avrebbe avuto la sua Costituzione Repubblicana” .
L’ultima parte, denominata “Appendice”, indivisibile dalle altre due, contiene un documentatissimo dossier su Nicandro Ernesto Conte, approntato affinché la memoria del Martire partigiano ottenga finalmente il dovuto riconoscimento, anche nella sua terra d’origine. Risaltano, a tal fine, la testimonianza accorata della figlia Giovanna, che rievoca la figura paterna con toni pacati e signorili ma decisi e fermi; l’impegno dello stesso Francesco De Napoli, che attraverso l’Istituto per le Ricerche Sociali “Antonio Labriola” da lui fondato a Cassino nel 1991, si è attivato per far pervenire alle autorità politiche e militari le istanze e le sollecitazioni perché si riparasse a questa palese ingiustizia storica morale e culturale. Il libro è stato recensito anche sul sito dell’Associazione Culturale Mila-nocosa, dove è definito nei termini seguenti:
“(…) un intenso contributo di testimonianze su quello squarcio della storia recente – anche se sembra così lontana – del nostro Paese, che ha portato alla nascita della forma repubblicana e democratica del nostro Stato.
Un contributo del “Comandante Bellini”, alias Vincenzo Grimaldi, che incontra gli studenti dell’Università di Cassino. e che è corredato da un dossier dedicato a Nicandro Ernesto Conte, Eroe e Martire Partigiano.
Un documento che dà conto delle esperienze e delle alte, generose passioni della migliore umanità italiana, curato da Francesco De Napoli, poeta e attivo promotore culturale, che arricchisce il volumetto con una partecipata prefazione, anche come testimone e Direttore-Fondatore dell’Istituto per le Ricerche Sociali “Antonio Labriola” di Cassino.
Una lettura preziosa che fa riflettere criticamente sullo scenario degradato contemporaneo e sui responsabili politici e sociali che lo hanno favorito. Responsabili specialisti della menzogna, della falsificazione e dello storytelling, con cui nel contempo pretendono di raccontare l’attuale scenario come il migliore sviluppo dei sogni incarnati dai protagonisti della Resistenza” .
L’opera è arricchita da una interessante documentazione fotografica che rende ancora più viva ed attuale la vicenda rievocata. Non si può che essere grati a Vincenzo Grimaldi e a Francesco De Na-poli per essersi presi a cuore la storia di Nicandro Ernesto Conte, ma un po’ mi amareggia constatare che ci sono voluti un siciliano e un lucano (Grimaldi è nato in provincia di Catania, De Napoli a Potenza) per far luce sul sacrificio di un figlio della Terra di Lavoro.
Vorrei concludere, tuttavia, con delle riflessioni personali generate dalla lettura di questo libro e dalla considerazione dell’intera vicenda. Nell’Antigone di Sofocle è narrata la vicenda di Eteocle e Polinice: il primo dei due fratelli difese la patria, il secondo la tradì. Antigone, memore delle leggi degli dei, decide di dare sepoltura al fratello traditore, contravvenendo al bando del re Creonte. Ora: io non sono un revisionista; sappiamo quanto sia stato difficile vivere sotto il fascismo ed anche a studiare i libri di storia se ne ricava un’impressione negativa. Eppure, come esprimere un giudizio negativo su Giovanni Conte, giovane idealista quanto il fratello Nicandro Ernesto, trovatosi, però, per ragioni imperscrutabili, dalla parte “sbagliata”. Fu sua colpa? Fu colpa della Storia? Spesso noi, estranei ai maneggi della politica e dell’economia, non riusciamo a comprendere se stiamo dalla parte “giusta” oppure no. Per avvalorare questa tesi, prendo ad esempio uno dei tanti manuali di storia, quello di Beniamino Proto. L’autore prende in esame le Guerre persiane, un conflitto che oppose, secondo il comune modo di vedere, la Civiltà ellenica alla Barbarie orientale. Ma, sottolinea Proto, dovremmo porci anche dal punto di vista persiano:
“Il “re dei re” e la classe egemone medo-persiana erano sostenuti dall’incrollabile convincimento di rappresentare la civiltà e di portare ai popoli stranieri un superiore ordine politico e morale. Ai persiani il mondo della polis, con le sue lotte intestine, le deliberazioni prese dalle assemblee, i frequenti mutamenti istituzionali, doveva presentarsi come un’inaccettabile anarchia” .
Penso, allora, che, ferma restante l’individuale responsabilità in atti che possono dipendere sicura-mente da noi, una più grande responsabilità, specie nelle scelte politiche, è da imputare a chi governa e a chi ha governato. Ho letto storie di soldati tedeschi che confessavano di ricordare le mamme lontane in Germania. Non erano ragazzi come altri? Come noi?
Certo, il caso dei fratelli Conte è reso ancor più stridente dal fatto che a Cassino è stato reso il mas-simo onore soltanto a Giovanni, mentre Nicandro Ernesto non viene minimamente preso in conside-razione né menzionato – caso più unico che raro in Italia, quando si parla dei protagonisti della Re-sistenza -, neanche per un eventuale “raffronto”, come fece Antigone, con l’altro fratello.
Il peggiore oltraggio, la peggiore offesa che poteva essere arrecata alla memoria del Martire parti-giano Tacito è fingere non tanto di disconoscere, ma addirittura di ignorare il suo esempio, il suo sacrificio, a fronte degli onori resi, invece, al fratello fascista Giovanni.
Sarebbe comunque saggio – e, forse, pietoso -, per un atto di superiore Umanità in nome dei valori di pace e tolleranza della Resistenza, non cancellare la memoria di Giovanni Conte per esaltare quella di Nicandro Ernesto, bensì onorare entrambi, senza giudicare il loro credo politico, semplicemente considerandoli sfortunati giovani convinti, a torto o a ragione, di assolvere al loro dovere. E’ compito della Storia – quella vera – insegnare a capire, a distinguere il Bene dal Male. La Scuola Media di Cassino potrebbe essere benissimo intitolata ai due fratelli Conte, per dare un definitivo segnale di Pace eliminando rancori e polemiche. Ma un risvolto inquietante della questione giunge dall’aver constatato, in base ad alcuni sondaggi effettuati in ambito locale, che una soluzione siffatta viene incredibilmente osteggiata proprio da chi dovrebbe tacere, per l’iniquo privilegio conferito unicamente al nome di Giovanni.
Di questo delicato ma fondamentale aspetto della questione mi è capitato di parlarne con Francesco De Napoli, il quale viceversa non solo si è dichiarato favorevole alla soluzione di ricordare insieme entrambi i fratelli – già ipotizzata da altre personalità progressiste -, ma ha voluto ricordare una frase del grande Vincenzo Grimaldi. Nel corso di una delle ultime conversazioni telefoniche avute con lo scrittore lucano, il compianto Bellini gli confidò con un tono orgogliosamente austero:
“Noi abbiamo lottato per la libertà e la dignità di tutti, anche di quella dei fascisti!”.