Giuseppe Varone e la critica letteraria

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Giuseppe Varone è un critico letterario di talento e un giovane studioso di grandi qualità che oggi, 7 maggio 2016, sarà ospite di Cassino che legge nelle vesti di curatore dell’evento dedicato alla scrittura di Davide Cerullo. Inoltre, suo è stato il compito di inaugurare il secondo ciclo della rassegna con la presentazione del volume monografico incentrato su Elio Vittorini, “I sensi e la ragione” lo scorso 5 marzo. In quella circostanza lo abbiamo intervistato.
Come è maturata la sua decisione di dedicarsi allo studio della letteratura e alla critica letteraria?

“La critica letteraria è oggi un mio modo di pensare e di approcciare ogni forma di arte, quindi, non soltanto la letteratura ma anche l’arte visiva, il cinema, la musica e, come studioso del ‘900, ho capito che l’approccio metodologico più interessante e produttivo è quello dell’intesa e dell’affinità tra le arti. L’incontro con Elio Vittorini è stato casuale. Si tratta di una passione nata all’inizio della carriera accademica ed è un autore che non ho più abbandonato semplicemente perché ogni vota mi sono trovato a trattare di un argomento o di un dibattito o di un autore mi sono reso conto di quanto fosse vittoriniano il mio modo di approcciare quell’autore e quell’opera e di quanto Vittorini sia stato in effetti un protagonista delle letteratura italiana, e non solo, del ‘900”.

Si è parlato molto dell’interazione tra letteratura e altre forme di arte come il cinema l’architettura o la fotografia. C’è ancora questo senso di osmosi tra varie forme artistiche?
“La distanza rispetto alla prima metà del ‘900 ci permette di capire qual è l’eredità che noi oggi possiamo toccare con mano perché, in fondo, Vittorini è solo uno dei protagonisti di un ambiente culturale, appunto non solo letterario, e che ha le sue patrie che sono Firenze, che sono Milano, perché? Perché il poeta comincia a fare poesia guardando al pittore, il pittore comincia a fare pittura guardando al narratore, il narratore comincia a fare narrazione guardando alla fotografia e poi dalla fotografia si passa al cinema e tutto questo diventa ideale. Che cos’è sostazialmente l’ideale per questi grandi artisti della prima metà del ‘900?

E’ l’opportunità di raccontare storie che possono cambiare il mondo utilizzando tutti i linguaggi possibili. E’ chiaro che oggi, di fronte a una globalizzazione dei linguaggi e delle strumentazioni, che ci consentono di esprimere, e non di esprimerci, perché quello che hanno insegnato questi grandi intellettuali è soprattutto l’abbandono e la capacità di esorcizzare ogni forma di egotismo e di individualismo, nella sua complessità, forse, ma io direi con molta probabilità, ciò che abbiamo maturato sui libri e sulle opere di questi grandi intellettuali e artisti del ‘900”.

Paola Caramadre

Giornalista, autrice e lettrice onnivora e curiosa. Promotrice culturale, 'regista dei libri' e cofondatrice di Tantestorie.it

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