DS
Lui si firma DS. E suona bene.
Giochiamo con le parole, come fa spesso lui. Ed ecco che allora DS può evocare la domenica sportiva o la sigla di qualche partito, anche se nel caso specifico parliamo semplicemente di Danilo Salvucci.
Semplicemente per modo di dire, visto che l’amico in questione è tanta roba. Nasce pittore e diventa poi medico, ma nel frattempo fa anche lo scrittore, il poeta, il filosofo, il presentatore, il moderatore, il fotografo e altro ancora. Un artista poliedrico insomma, ben descritto negli anni da critici competenti che hanno saputo tracciarne il giusto profilo attraverso le sue opere. Significativo è l’accostamento della professione di medico all’attività di pittore, due mondi tanto lontani nell’apparenza ma molto vicini nella realtà: lo immaginiamo trasferire su tela gioie e dolori che assorbe dai suoi pazienti. Autore negli anni di numerose esposizioni e organizzatore di eventi, è in costante contatto con personalità del mondo politico, istituzionale, artistico e culturale.
Vorremmo noi, però, provare a evidenziarne il percorso umano, poiché l’esigenza empatica di chi scrive trova compimento nelle storie dei personaggi o quantomeno nei tratti salienti.
E Danilo Salvucci è come tutti, un uomo alla costante ricerca di se stesso. Affida a quadri, a testi e al suo divenire i pensieri del tempo che scorre. Introduce temi forti in ogni occasione. La Sindrome di Stendhal per esempio, una sindrome di cui possiamo essere noi le vittime di fronte ai suoi quadri, oppure lui stesso al cospetto delle grandi opere che hanno reso immortali suoi illustri colleghi.
Non sa stare fermo Danilo Salvucci, o meglio, non può stare fermo. Lo chiarisce lui stesso in uno dei tanti scritti: “Quanto dovrò camminare per scoprire cosa c’è dietro la luce? È più forte di me questo smisurato senso dell’ignoto che mi spinge verso il cammino…”. È il percorso dell’artista il suo, c’è poco da dire. Gli trema la terra sotto i piedi, l’angustia è il propulsore.
Se gli chiedessimo cosa farà da grande non saprebbe rispondere. Non ha ancora deciso, e mai lo farà. In verità non può scegliere, ed è forse questo il prezzo da pagare. Non sceglie perché gli sembra un sacrilegio, e ha ragione; perché un dono è un dono, non è per caso. E allora non molla nulla Danilo: persone ed emozioni, sofferenze e insofferenze, gioie e dolori, dubbi e certezze; e attese, tante attese. Aspettando Godot, come lui stesso dichiara: «Attendo Godot, prima o poi arriva, anzi credo sia già arrivato e non l’ho visto arrivare, o forse non l’ho riconosciuto. Godot è le cose che sfuggono, è l’attesa estenuante di chi non vede, o anche di chi non sente. Godot è arrivato più volte e nessuno lo ha visto passare». Lo attende talmente tanto che gli lascia una sedia vuota, come si evince da una sua foto con spiegazione annessa.
E se la Terra è il luogo delle domande, dei perché come fanno i bambini, lui non si sottrae ma poi trova il modo per volare alto, nel regno del sublime, verso Dio. Eh già, perché Danilo è il nome biblico che vuol dire “Dio è il mio giudice”.
Ed è Dio che ha voluto donarcelo così.
E siamo noi che ce lo teniamo stretto.
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L’arte si nutre di sfumature diverse. Si presta a nuove amicizie e collaborazioni. Ed essendo anche uno dono diventa condivisione.
In questo senso si colloca l’evento di qualche giorno fa, “Ateneo in arte”, tenutosi presso l’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale: la donazione all’Ateneo di due notevoli tele da parte di Danilo Salvucci, “Anche questo è cielo e mare” e “La coppia che scompare”, in concomitanza con la mostra di Giampaolo Cataudella le cui favolose sculture, realizzate con materiali semplici e poveri quali rete, paglia e legno, ci dimostrano che il Genio si mostra come e quando vuole.
Hanno contribuito ad aggiungere significato alla giornata la competenza e l’entusiasmo del Rettore Marco Dell’Isola, dei professori Luca Palermo e Ivana Bruno. È emesso forte il loro intento di favorire la didattica dotando i propri studenti di strumenti reali, visibili, da poter toccare con mano e rendere più emozionante il percorso formativo. Si tratta quindi di opere che non solo orneranno le sale dell’Università per la bellezza, ma saranno anche custodite gelosamente per la loro grande utilità. Il Rettore ha garantito che favorirà sempre iniziative del genere, l’Università che si inserisce nel tessuto cittadino contribuisce alla crescita di tutti. Il folto pubblico ha confermato che ancora c’è spazio per i valori nobili dell’Umanità.