Uomo Cervo, il fascino eterno di un rito ancestrale
di Paola Caramadre e Antonio Nardelli
Il rito dell’Uomo Cervo sta per compiersi. Il fuoco brucia stagliandosi, con le sue alte fiamme, contro il profilo imponente dei monti Marrone e Castelnuovo.
Il ritmo battente dei tamburi crea una tensione sempre più forte. Le urla lontane irrompono nella scena.
Si sente il dramma, la forza di una battaglia tra spiriti. La piazza centrale di Castelnuovo al Volturno, frazione di Rocchetta al Volturno, si trasforma nell’ultima domenica di Carnevale, nella scena di un rito ancestrale che resiste ai secoli e conserva intatto il fascino primigenio del passato.
E’ il rito dell’Uomo Cervo.
Una straordinaria pantomima che affonda le radici in un passato remotissimo del quale non si conservano attestazioni se non quelle che vivono nel sangue di un luogo.
Primitivo, intenso, feroce, è un crescendo di emozioni che, anno dopo anno, coinvolgono sempre più spettatori che arrivano da ogni luogo per assistere al rito dell’Uomo Cervo. Le figure archetipiche di questa zona del Molise animano la piazza.
In una folle, istintiva danza, si aggirano le Janare e il Maone che strepitano e pungolano gli spiriti della notte e dell’inverno personificati nella figura minacciosa del Cervo, anzi de Gl’ Cierv (interpretato da Armando D’Agostino).
Il corpo ricoperto di pelli di capra e di campanacci tintinnanti, il volto annerito e nascosto dalla maschera sormontata da un maestoso palco di corna, semina il terrore tra gli abitanti spaventati e atterriti.
Tutto avviene come è sempre avvenuto.
Il tempo si cristallizza, non c’è un’epoca alla quale appartenere, ci si sente sospesi nell’assenza della storia. Per la durata della messa in scena, si respira il tempo del mito. Il rito si rievoca e si ricrea.
Il pubblico è partecipe, come rapito, trattiene il fiato assistendo alle ire dell’Uomo Cervo e si tranquillizza mentre si placa lo spirito selvaggio nell’incontro con la Cerva (interpretata da Milena Iannetta). E poi, insieme, le due creature riaccendono la miccia dello spavento. Il fuoco balla in mezzo a loro come cosa viva.
Arriva il mago Martino che riduce in catene le anime ferine.
Ma non basta, le creature si ribellano e si liberano nuovamente.
La natura selvaggia riprende vigore e getta nello scompiglio gli uomini sorpresi nella loro fragilità. L’inverno deve soccombere e lasciare che la primavera riprenda vita, il destino deve compiersi e lo fa attraverso il colpo secco sparato dal Cacciatore (interpretato da John Barilone).
Il silenzio diventa intollerabile. Ma non è ancora la fine, gli spiriti della natura si rigenerano nella magia del Martino (interpretato da Luigi Pezzotta). Si liberano le due creature, il Cervo e la Cerva, riportate alla vita dal soffio del Cacciatore e ormai rabbonite e ammansite tornano a riprendere il loro posto nella foresta.
Una pantomima dalla straordinaria potenza espressiva che dal 1993 è curata anche nella forma scenica dall’associazione culturale “Il Cervo”. Quest’anno, l’interprete dell’Uomo Cervo è stato Armando D’Agostino, che ci ha spiegato, ancora provato dalla rappresentazione, che cosa rappresenta per la comunità di Castelnuovo al Volturno, il rito antichissimo.
“Il protagonista della rappresentazione non viene viene scelto, si fanno delle prove e si cerca di capire chi è più appropriato, chi recita meglio, nel momento in cui la persona che interpreta questo ruolo si rende conto che non ha più la resistenza fisica necessaria subentra qualcun altro che faccia parte dell’associazione (presieduta da Ernest Carovigno).
L’associazione culturale è nata nel 1993 con l’intento di migliorare e migliorarci nella realizzazione di un rito del quale si perdono le tracce nella notte dei tempi. Ogni anno aumenta il pubblico e questo ci fa molto piacere.
Abbiamo portato la nostra maschera al di fuori del circondario della valle del Volturno e della regione Molise. Siamo stati ospiti all’Expo di Milano e oltre a divertirci abbiamo avuto un riscontro molto positivo”.