Lettera al ladro

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Caro ladro,
non venire da me, chi te lo fa fare. Non trovi niente per cui valga la pena di rischiare la galera e, ben che ti vada, faresti comunque una pessima figura con i tuoi colleghi. A pensarci bene ciò che potevi rubarmi, me lo hai già rubato. Parlo del sonno. La verità è che sono una povera vecchia e in un certo senso dovrei pure ringraziarti perché mi tiene ancora in vita la paura di trovarmi una notte davanti a te, oppure di rientrare un giorno in questo bugigattolo, che il Comune si ostina a chiamare casa, e trovarlo messo a soqquadro da te che hai cercato ciò che io non ho mai avuto. Ed è questa paura che mi spinge a temerti più della stessa morte.

Ti scrivo questa lettera anche se già so che tu non potrai leggerla e, seppur fosse, te ne andresti comunque per la tua strada perché tu non hai paura di me. Io intanto ti dico come stanno le cose, con la massima sincerità. A parte qualche straccio, ho un vecchio televisore, uno scatolone che nulla ha a che vedere con i moderni apparecchi ultrapiatti. Gli esperti dicono che sia a tubo catodico, io non me ne intendo. Ma tanto sono anni che non si sente, mi tiene compagnia solo con le immagini, tanto nemmeno io sento bene. Ho una misera pensione che basta appena a pagare le bollette e da quando se ne è andato il mio Alberto, con il quale ho vissuto per sessant’anni, ho tutte le finestre mezze rotte. Probabilmente già sai che non è difficile entrare in casa mia, ma io ti faccio una proposta. Ti lascio la chiave al solito posto, nel vaso di gerani, quelli rossi sulla destra del portone d’ingresso. Lo so che è una cavolata lasciare la chiave nel vaso di gerani, ma è un’abitudine che ho da sempre. Tu entra in casa e controlla se ti dico le bugie. Poi, senza farmi accorgere, rimetti la chiave nel vaso. Se farai così avrò tanta stima di te e se tu vorrai ti farò trovare qualcosa, quello che potrò. Mi dirai tu come e quando. Mi hanno aumentato di cinquanta euro la pensione, potrei girartele. Non vuole essere una tangente, ci mancherebbe, è che il numero dei ladri supera quello delle forze dell’ordine ed io non posso pretendere una guardia del corpo, anche perché del corpo è rimasto solo un lontano ricordo. Se per caso non dovessi trovare le chiavi non prendertela, anzi perdonami, perché la vecchiaia è una brutta bestia, non sempre sono lucida. Mi rendo conto che la vita non è stata molto generosa con te, altrimenti non avresti fatto il ladro. Certo, però, che ragioni strano tu! Non ti costerebbe meno fatica a lavorare? Ti dico così perché nemmeno io ho avuto tanti soldi, eppure mai ho pensato di sottrarli agli altri.

Veramente io sono ricca e tu non lo sai perché sei abituato a guardare i beni materiali. Io la ricchezza me la porto dentro e né tu né altri potrete mai rubarmela. Te la posso donare, però. Vienimi a trovare, non in veste di ladro ma di amico, così ne parliamo. Magari potresti fingerti venditore, ma se vuoi fare il ladro non venire da me. E non andare neanche dai vicini, anche se sono ricchi, perché comunque non è giusto. A me restano pochi attimi da vivere, ma se continui a fare di testa tua, ben presto nemmeno tu vedrai più la luce.

Bruno Di Placido

Volontario della V.d.s Protezione Civile di Cassino, impegnato in vari aspetti del sociale, lettore e, da qualche anno, anche scrittore con un’ambizione dichiarata: riuscire a fondere ragioneria di cui vive e prosa con la quale sogna.

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