La statua tra i rifiuti
di Paola Lombardi
Anna cammina sicura, con lo sguardo determinato di chi ha preso una decisione irrevocabile. Giulia e Rita, le sue cugine più grandi, la seguono arrancando. Procedono, Anna in testa, le cugine dietro, in stretti vicoli antichi. Ai lati delle stradine si ammucchiano sacchi di immondizia che emanano tutte le gradazioni di odori sgradevoli possibili. Un rigagnolo di melma evidenzia il bordo più estremo dei vicoli. La sporcizia disegna il percorso delle strade. Anna rimpiange di non aver indossato le scarpe da ginnastica. Sente i piedi, quasi nudi nei sandali estivi, immersi nel degrado. Ignora le lamentele delle cugine e continua a camminare.
“Anna, torniamo a casa, ti prego, questa è la parte peggiore della città”, si tormenta Giulia.
“E’ pericoloso qui, andiamo via”, mugugna Rita.
Anna fa finta di non sentire niente e continua a camminare. Rimpiange la propria ostinazione e volentieri farebbe a meno di procedere in mezzo alla sporcizia. Ma ormai è convinta e vuole andare avanti.
“Non c’è nessuna statua in questa parte della città”, sentenzia Rita che minaccia di tornare indietro. La sorella non intende lasciare da sola Anna e nessuna delle tre vorrebbe restare da sola. Nella discussione che agita le tre cugine, Anna ottiene un ruolo predominante essendo l’ospite. Le cugine, nolenti, la seguono. Anna brandisce un opuscolo turistico e continua ostinatamente ad indicare un punto sulla carta.
“Lo vedete?”, indica alle cugine incredule. “Lo vedete che c’è? E’ una statua molto antica, rappresenta una divinità greca della fertilità. Non ce ne sono altre in Italia di questo tipo”.
Le cugine scuotono la testa, si chiedono se sia proprio nella loro città. Non ne hanno mai sentito parlare e non l’hanno mai vista. Il quartiere ‘Vetere’. nel quale sono capitate. è stato loro sempre interdetto perché definito pericoloso. Seguendo quella sciocca della cugina del nord sono finite in una zona a rischio.
“Non dire a casa che siamo state qui. Hai capito?”, intima all’improvviso Rita come risvegliata da un brutto presentimento. Le altre due annuiscono sempre più spaventate. Per un istante Anna si ferma, si guarda indietro e tra sé spera che ci sia un’altra strada per tornare a casa. Non ce la farebbe a riattraversare quel dedalo di immondizie accatastate. La puzza diventa sempre più forte. Il vicolo si allarga in una piazza circondata dai resti di un palazzo settecentesco completamente in decadenza. Il ronzio di insetti si accanisce in un punto della piazza. Le ragazze si guardano intorno. Tutto sembra inanimato e disabitato. Non c’è traccia di esseri umani.
Un sacchetto di rifiuti cade e le ragazze spaventate si voltano. Intravvedono un braccio di marmo. Si avvicinano verso il centro della piazza. Anna prende l’iniziativa e si sporge oltre l’argine di immondizia. Scosta alcuni sacchetti ricolmi di rifiuti. Lentamente emerge il braccio, poi la spalla e la testa. La statua greca è lì sotto i loro occhi. Le cugine, stupite, si guardano l’un l’altra. Anna inizia a fare le foto con il cellulare. Non vuole tornare a casa a mani vuote. Ha ritrovato l’antica statua ed è abbastanza felice. Non pensa nemmeno che sta schiacciando cumuli di rifiuti di ogni genere e che l’aria è irrespirabile. Sorride. Rita sorveglia la zona. “Dobbiamo tornare indietro”, sentenzia. Anna ripone il telefono in tasca e annuisce. “Visto che la statua c’è?”, sfoderando un sorriso raggiante. Giulia si guarda intorno contenta. “Perché noi non ne sapevamo niente?”, chiede alla sorella maggiore. Rita alza le spalle e accelera il passo. “Andiamo, ci aspettano”.