La notte della Befana
Da quando aveva perso il lavoro Severino aveva iniziato ad uscire tutte le sere. Si incontrava con i suoi amici che se la passavano più o meno allo stesso modo. Nei momenti di crisi la differenza la fa la reazione ai problemi e quelle reazioni erano tutte uguali, tutte comprensibili. Non era facile ricominciare. Lo sapeva Severino, lo sapevano i suoi compari.
Però diamine, la notte della Befana un’eccezione si poteva e si doveva fare, soprattutto per chi ancora poteva permettersi una famiglia.
La Befana è uno di quei rari momenti in cui si torna bambini. È un momento magico che si regge sul poco, come una volta nei vecchi paesi. Si commosse anche Severino quando la televisione dell’osteria ricordò, con un servizio romantico e dettagliato, la Befana di una volta. All’epoca Babbo Natale non esisteva ancora e pertanto la povera vecchietta era costretta a sobbarcarsi tutto quell’immane lavoro. Il giornalista aveva chiuso il bel servizio riesumando la nostalgica filastrocca che aveva accompagnato intere generazioni:
La befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
viene e bussa alla tua porta
sai tu dirmi che ti porta?
«E che mi porta? – Severino ebbe uno scatto – Mannaggia il lavoro e chi l’ha creato, Padreterno escluso». Per buona creanza finì il bicchiere di rosso, salutò gli amici garantendo la sua presenza anche per l’indomani e si avviò mesto verso casa.
La notte che si stava consumando prometteva ancora freddo e gelo, come da tradizione. Severino si aggiustò meglio la sciarpa, ad evitare che altri spifferi gli drizzassero i peli della pancia e delle ascelle. Per un attimo aveva sentito una fitta al petto. In punta di piedi entrò in cucina e vide che ancora c’era un po’ di brace nel camino. Rattizzò il fuoco, per credere ancora di più che fosse una notta magica.
Prese le cinque calze oramai consumate dal tempo che portavano impressi i nomi della sua famiglia: Severino, che era lui, Nascenza, sua moglie, l’unica donna della sua vita, Luisa, Assunta e Giacomo, i suoi figli. Versò del latte in una ciotola e la posò insieme a qualche biscotto vicino al camino, nel caso la Befana avesse avuto voglia di fare colazione.
Il vento iniziò ad accarezzare le imposte. Severino ebbe un tremito, decise di non indugiare ulteriormente e senza svestirsi s’infilò nel letto. Si sentì subito meglio, ora non aveva più freddo al petto, sentiva caldo. Si appisolò, gli sembrò di sentire dei rumori provenire dalla cucina. «Forse è la Befana», pensò. E come quando era bambino trattenne il fiato per non dar modo alla vecchietta di andarsene senza consegnare i regali. Poi iniziò a sudare e gli tornò in mente che nessuno avrebbe trovato niente nelle calze e che lui oltre a non trovare niente non avrebbe trovato nessuno. Nascenza, infatti, se n’era tornata da sua madre portandosi Luisa, Assunta e Giacomo. Era successo qualche settimana dopo quel maledetto giorno, giorno in cui Severino era stato licenziato.
Adesso Severino sognava. Si ritrovò nella sua cucina la cui tavola era imbandita di ogni bendidio. Il camino rallegrava l’ambiente e Nascenza e i suoi figli ridevano contenti mentre scartavano i regali che la Befana aveva portato loro. Severino si lasciò andare. Distese i muscoli e lasciò che un sorriso gli illuminasse il viso. Poi chiuse gli occhi. Per sempre.
Nella foto la Befana volante 2014 dei Vigili del Fuoco di Cassino