Il viaggio in treno
Rari fiocchi di nubi tormentano la limpidezza della giornata. Dai finestrini del treno, l’esterno ingrigisce appesantito da coltri di nubi spezzate da spiragli di sereno. Roma, assillata da mulinelli di vento e tormentata da folate imperterrite, anela al suo solito modo a commuoversi sulle vite misere di orde di uomini e donne annegate in file indisciplinate e confuse di automobili e mezzi meccanici. La città sembra un acquario di rumori interminabili, suoni, urla, parole, luci, vento, imprecazioni, manifesti e cartelloni, venditori negli angoli e impalpabili veleni nell’aria. La donna guarda, sente, respira tutto questo. E’ appena scesa dal treno. Potrebbe essere una pendolare, una viaggiatrice confusa tra migliaia di passanti. Nasconde un segreto, invece, perché quella non è la sua vita. Non lo ha mai fatto. Non ha mai derogato ai suoi impegni, non ha mai avuto colpi di testa. La sua è una vita irreprensibile. Ma ora ha trent’anni e un desiderio in fondo al cuore.
Tra i passanti che la urtano nella stazione immensa si sente a disagio. I suoi piedi sembrano testardi muli che non vogliono andare né avanti né indietro. Vorrebbe ripensarci. Risalire sul primo treno e tornare a casa. Un uomo la urta, spostandole la borsa, rischia di perdere l’equilibrio. Si avvia, cammina, va avanti. Si immerge nell’aria greve della metropolitana e si dirige, con calma ma con il cuore che le batte in gola, verso i varchi dei treni sotterranei. E’ la prima volta che si sposta verso nord-ovest. E’ la prima volta che sale su un treno diretta in quella zona della città. Si rassicura, respira più lentamente e segue il flusso della gente. Si immedesima negli altri e dimentica se stessa e quello che sta per fare. Scende dal treno e risale la banchina fino ad arrivare all’esterno della stazione. Ritrova la luce e la giornata è tornata serena. Sorride involontariamente all’aria aperta. Si sente a disagio nei suoi vestiti e in equilibrio sui tacchi alti. Si ferma accanto all’edicola, cerca qualcosa con lo sguardo, si distrae. Tenta di trovare una sigaretta nella borsa, vorrebbe accenderne una per riempire il tempo e darsi coraggio. Un uomo passa, la guarda, la supera e poi torna indietro continuando a guardarla. Lei, nel frattempo, ripone la sigaretta e decide di non accenderla perché pensa così di non dare nell’occhio.
Il passante la guarda e le sembra che le stia sorridendo. La donna si spaventa, le sembra si stia avvicinando troppo. Solleva lo sguardo e ora sorride. E’ arrivato, si dice e si avvia oltrepassando il passante curioso. La donna sorride andando incontro ad un uomo che l’aspetta appoggiato alla portiera dell’auto. Si abbracciano, si salutano, si baciano, tutto in un momento. “Forse, non sarei dovuta venire”, gli dice. Lui la guarda, le sorride. Non le dice niente. Si avviano insieme. “Dove andiamo?”. Lui le sorride, le cinge le spalle. Lei ha un ultimo ripensamento, si volta e guarda l’ingresso della metropolitana. Tra le lettere cubitali che compongono il nome della stazione pensa di leggere la sua vita fatta di certezze, di pensieri rassicuranti, di routine. Pensa che ha spezzato tutto questo. Guarda l’uomo che l’abbraccia e non gli dice nulla. Sorride debolmente per darsi coraggio. In fondo non hanno niente da dirsi.