Il muro incrollabile dell’equivoco
di Paola Lombardi
“Allora, abbiamo una storia spinosa tra le mani, vediamo…” all’improvviso all’interno della grande stanza scese il silenzio. Nessuno fiatava, tutti fissavano un punto imprecisato sulla scrivania davanti a sé trattenendo il respiro. La scena si ripeteva quasi ogni giorno. Tutti i giorni, festivi compresi. “Vediamo… Chi potrebbe sbrogliare questa matassa”. Di solito quando il direttore irrompeva nell’open space lasciando la sua scrivania racchiusa in uno stanzino con le pareti di vetro c’era sempre da aspettarsi una rogna. La giornata lavorativa era contrassegnata da momenti salienti ripetuti all’infinito. Il preludio era rappresentato dalla riunione di redazione rigorosamente individuale.
A turno i giornalisti entravano nello stanzino illustrando le proprie notizie del giorno. Peccato che di solito almeno due colleghi avessero la stessa notizia tra le mani ignari l’uno dell’altro. In questo modo ad un passo dalla chiusura del giornale succedeva il disastro. Un cataclisma annunciato dal sospiro rumoroso del direttore. Uno sbuffo simile al suono di una teiera. Poi come fosse un copione da commedia dell’arte si passava una mano sulla testa anzi sul cranio completamente privo di capelli. E improvvisamente l’esplosione: con i fogli delle bozze delle pagine in mano il direttore iniziava a sbraitare e inveire rovesciando la poltrona e alzandosi in piedi di scatto.
“Imbecille. Sono un imbecille. Perché mi circondo di idioti. Ma che cosa ho fatto di male? Perché il destino mi ha fatto questo? Un destino baro e meschino mi ha inchiodato in questo circo di incapaci! Povero me, povero me”. E dopo aver sospirato quasi tra le lacrime si lanciava verso la sala. Durante la performance quasi tutti smettevano di ticchettare sulle tastiere e puntualmente nel pieno della crisi qualcuno rientrava dal l’aperitivo finendo nell’occhio del ciclone. “Tu! Dove sei stato? Lo sai che hanno fatto i tuoi colleghi? Hanno scritto la stessa notizia su due pagine diverse e con due firme diverse. Ti rendi conto? Hai capito bene? Idioti!”, il malcapitato restava immobile in attesa della fine della bufera. “E adesso? Che facciamo? Abbiamo una pagina vuota!”
Di solito a nessuno veniva la minima voglia di proporre soluzioni. A quel punto il direttore tornava nel suo sgabuzzino si chinava a raccogliersi la poltrona e iniziava ad aprire pagine web a caso. Fino a trovare la sua soluzione all’inconveniente: una bella notizia stagionata pubblicata su equivoci siti internet di informazione. Non solo, tornava nell’open space annunciando: “abbiamo una notizia spinosa… A chi la diamo?”. Dopo aver lanciato terribili e funesti sguardi nella sala puntava il dito sull’eroe del giorno che a sua volta sperava in un salvataggio da parte dei colleghi che naturalmente non avveniva mai. L’indice indicava il prescelto che avrebbe dovuto copiare la notizia pubblicata almeno quattro giorni prima mettendoci anche la firma. Ma il direttore che non è direttore a caso sceglieva sempre con il suo fiuto: mai una volta che affidasse la notizia retro allo stesso giornalista che l’aveva scritta giorni prima.