Brucia, brucia, brucia
Bruciano gli alberi, i pezzi di legno, bruciano le tane, le frasche, bruciano i frutti degli alberi e i cuccioli dei tassi. La montagna è avvolta da lingue di fuoco. Da lontano sembrano disegnare le corsie di una strada. Due rette di fuoco che corrono parallele abbracciando la montagna.
Il crepitio delle foglie divorate dalle fiamme nasconde ogni altro rumore. Tra gli alberi, trasformati in torce, si possono percepire i versi delle agonie di decine di piccole vite. Il nitrito dei cavalli irrompe oltre la linea del fuoco. Gli animali al pascolo corrono e scalpitano in preda al panico. Corrono in cerchio non sapendo come trovare rifugio col terrore piantato negli occhi.
Gli uccelli tentano voli, affannati dal fumo e dal calore sempre più intenso che consuma loro le forze. La notte si illumina, le rocce nude appaiono come altari divorati dalle fiamme sempre più alte. Il tempo si ferma, si alza il vento e l’incendio divampa più in fretta. Da lontano le fiamme sembrano giochi di luce perfetti, sembrano fate di fuoco che danzano al chiarore della luna. Un’orda forsennata di baccanti che devasta e distrugge. Nessuno viene a spegnere i roghi. La notte brucia più in fretta. Si aspetta l’alba e intanto le piccole vite agonizzano e si spengono mentre il fuoco divampa.
Nascosto alle pendici della montagna c’è un uomo. Nel buio si vede lo scintillio del suo dente d’oro. Sorride alla notte, alle fiamme, al calore intollerabile. Sorride col suo dente d’oro. Prende l’accendino dalla tasca e si accende una sigaretta rimirando lo spettacolo del fuoco. È orgoglioso, sa di aver fatto un buon lavoro.